Il contribuente che ha omesso specifici adempimenti o comunicazioni al fisco, necessari per fruire di determinati benefici o regimi fiscali può sanare la propria posizione con l’istituto della remissione in bonis.

In tal modo, versando una sanzione di 250 euro, non perde i benefici fiscali o l’eventuale opzione per regimi di favore.

Ecco in chiaro quando è possibile ricorrere alla remissione in bonis e quali sono le tempistiche da rispettare.

La remissione in bonis

L’art.2 del D.L. 16/2012 ammette la c.

d remissione in bonis.

Difatti, come da normativa citata:

  • la fruizione di benefici di natura fiscale o l’accesso a regimi fiscali opzionali, subordinati all’obbligo di preventiva comunicazione ovvero ad altro adempimento di natura formale non tempestivamente eseguiti, non è preclusa,
  • sempre che la violazione non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altra attività amministrative di accertamento.

A tal fine è necessario che il contribuente:

  • abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;
  • effettui la comunicazione ovvero esegua l’adempimento richiesto entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile;
  • versi contestualmente la sanzione di 250 euro.

Sanzione indicata all’art.11 del D.lgs 471/1997.

Cosa si intende per prima dichiarazione utile?

Per prima dichiarazione utile si intende  “la prima dichiarazione dei redditi il cui termine di presentazione ordinario  scade successivamente al termine previsto per effettuare la comunicazione, ovvero eseguire l’adempimento stesso.

Gli adempimenti interessati dalla remissione in bonis

Possono essere oggetto di remissione in bonis, ad esempio:

  • le  comunicazioni all’Enea dei dati degli interventi detraibili nell’ambito dell’eco bonus;
  • l’invio del modelo EAS da parte degli enti associativi che intendono beneficiare del regime fiscale agevolato, articolo 148 del TUIR  e articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972;
  • la comunicazione per il regime di tassazione per trasparenza nell’ambito delle società di capitali (articolo 115 e seguente del TUIR e decreto ministeriale 23 aprile 2004);
  • la comunicazione per il consolidato fiscale (articoli da 117 a 129 del TUIR e decreto ministeriale 9 giugno 2004);
  • ecc.

Pe fare un esempio più attuale, inoltre, si pensi all’opzione per l’imposta sostitutiva al 7% per i pensionati esteri che trasferiscono la residenza nel mezzogiorno d’Italia.

Il requisito della buona fede

E’ escluso il ricorso alla remissione in bonis:

  • nelle ipotesi in cui il tardivo assolvimento dell’obbligo di comunicazione ovvero dell’adempimento di natura formale
  • rappresenti un mero ripensamento, ovvero una scelta a posteriori basata su ragioni di opportunità.

Difatti, ciò comporta che, se il contribuente ha tenuto un comportamento concludente tale da far intendere l’opzione per quel determinato regime fiscale o la volontà di richiedere uno specifico beneficio fiscale, è ammesso il ricorso alla remissione in bonis.

Rileva dunque la sua buona fede.

Indicazioni rinvenibili nella circolare, Agenzia delle entrate, n°38/e del 2012.

La Remissione in Bonis per la cedolare secca

Nel rispetto di precise condizioni, la remissione in bonis può riguardare anche la cedolare secca sugli immobili.

Ciò sta a significare che si può ricorre:

  • solo se il tardivo assolvimento dell’obbligo di presentazione di tale modello
  • non sia configurabile come mero ripensamento.

Difatti, non può essere ammesso ad usufruire dell’istituto in esame chi ha effettuato il versamento dell’imposta di registro (anche se in un’unica soluzione) prima di esercitare l’opzione per il regime della cedolare secca.

Ad ogni modo, la tardiva opzione per la cedolare secca  produce i suoi effetti a decorrere dall’annualità successiva.

Inoltre, non è possibile beneficiare dell’istituto della remissione in bonis per un anno in corso. Ciò, nei casi in cui il contribuente che corrisponda annualmente l’imposta di registro abbia già versato, nei termini previsti dall’articolo 17 del TUR, l’imposta annuale sull’ammontare del canone.

La sanzione da versare e le modalità di versamento

Ai fini della remissione in bonis, il contribuente è tenuto a versare una sanzione di 250 euro.

Difatti, la stessa non può essere oggetto di ravvedimento nè essere compensata con tributi a credito.

“La sanzione rappresenta l’onere da assolvere per aver diritto al riconoscimento dei benefici concessi dalla norma in esame”(Agenzia delle entrate, n°38/e del 2012).

Come deve essere versata la sanzione?

La sanzione si versa solo con l’ F24 Elide.

A tal proposito, si utilizzano i seguenti codici tributo:

  • 8114” denominato “Sanzione di cui all’art. 11, comma 1, d.lgs. n. 471/1997, dovuta ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del d.l. n. 16/2012 – REMISSIONE IN BONIS”;
  • “8115” denominato “Sanzione di cui all’art. 11, comma 1, d.lgs. n. 471/1997, dovuta ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del d.l. n. 16/2012 – REMISSIONE IN BONIS 5 per mille”.

Il modello F24 va compilato sulla base delle seguenti indicazioni:

Nella sezione “CONTRIBUENTE”, sono indicati:

  • nei campi “codice fiscale” e “dati anagrafici”, il codice fiscale e i dati anagrafici del soggetto che effettua il versamento.

Nella sezione “ERARIO ED ALTRO”, sono indicati:

  • –  al campo “tipo”, la lettera “R”;
  • –  nel riquadro “elementi identificativi”, nessun valore;
  • –  nel riquadro “codice”, il codice tributo;
  • –  al campo “anno di riferimento”, l’anno per cui si effettua il versamento (nella forma“AAAA”).