La Cassa integrazione non “salva” le agevolazioni prima casa: perde il bonus anche il proprietario che, rimasto senza lavoro, rivende l’immobile prima che siano trascorsi cinque anni dalla stipula del contratto di compravendita immobiliare. I giudici quindi escludono che la cassa integrazione possa rientrare tra le cause di “forza maggiore” che legittimano la vendita salvando il bonus prima casa. In questo senso si è espressa la Cassazione con sentenza numero 678 del 12 gennaio 2017.

Un importante precedente giurisprudenziale sullo stesso argomento risale al 2009: nel caso di specie un militare, dopo l’acquisto della prima casa, aveva venduto l’immobile prima dei cinque anni dopo essere stato trasferito per esigenze di servizio.

In questa ipotesi i giudici avevano salvaguardato le agevolazioni prima casa individuando il trasferimento di servizio come una “impedimento oggettivo non prevedibile e tale da non poter essere evitato caratterizzato altresì dalla non imputabilità alla parte obbligata che non ha potuto sottrarsi al trasferimento disposto d’ufficio”. In tema di mancato trasferimento della residenza entro i 18 mesi, come richiesto dalla normativa sulle agevolazioni prima casa, a dire il vero le sentenze storicamente si sono contraddette e quindi è difficile individuare una linea comune e coerente nel tempo.

Del resto le ipotesi che possono sulla carta impedire il trasferimento di residenza o spingere il proprietario a vendere la prima casa a dispetto dei termini sono potenzialmente tantissime. L’ultima sentenza in ordine cronologico non riconosce però tra le cause di forza maggiore la cassa integrazione.