L’emergenza Covid-19 ha portato e porterà ancora conseguenze economiche più che negative per imprese, lavoratori e famiglie. Molte attività sono state colpite da provvedimenti di chiusura fino al 3 maggio (altre hanno potuto già riapartire, invece, dal 14 aprile scorso) e diversi lavoratori hanno visto ridursi l’orario di lavoro (molti sono stati messi in cassa integrazione). Problemi di liquidità che stanno mettendo in ginocchio noi cittadini italiani. Alcuni rischieranno di perdere il lavoro nei prossimi mesi e qualche attività potrebbe non riaprire i battenti decidendo di abbassare per sempre la serranda.

Tra i risvolti negativi c’è da annoverare di certo anche il rischio per i locatori di immobili (abitativi e commerciali) di non percepire i canoni da parte del conduttore in virtù delle difficoltà in cui questi versano. Fino ad oggi i vari decreti emanati hanno previsto misure solo in favore di questi ultimi (tra cui il credito d’imposta del 60% di cui al decreto Cura Italia). In altri casi, il locatore allo scopo di incassare, comunque, il canone e di tendere la mano all’inquilino ha accordato una riduzione del fitto. Ma quali sono le conseguenza fiscale per il proprietario che non  riuscirà a farsi pagare il canone?

Le regole per il locatore

Al riguardo, la disciplina fiscale vigente è differente a seconda che trattasi di immobile ad uso abitativo oppure di immobile commerciale. Nel primo caso se trattasi di locatore che agisce in qualità di “privato” (e non in regime d’impresa) la normativa attuale prevede che i canoni non riscossi concorrono, comunque, alla formazione del reddito salvo che la mancata percezione sia comprovabile (al momento della presentazione delle dichiarazione dei redditi) dalla convalida di sfratto oppure (per i contratti dal 2020) dall’ingiunzione di pagamento. Tuttavia, laddove il locatore abbia dovuto dichiarare il canone e solo successivamente interverrà la conferma del mancato incasso, questi avrà diritto ad un credito d’imposta.

Stessa regola si applica anche nel caso di locatore (di immobile abitativo) che agisce in qualità di “imprenditore”. Se, invece, trattasi di locatore privato e l’immobile oggetto della locazione è non abitativo (quindi, ad uso commerciale), si rende applicabile la disposizione di cui all’art. 26 del TUIR, ai sensi del quale i redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale. Dunque, il locatore che ad esempio non percepirà i canoni di gennaio, febbraio, marzo ed aprile 2020, questi dovrà comunque dichiarali nel Modello Redditi/2021 salvo che non sia intervenuta la risoluzione del contratto con effetto retroattivo da marzo 2020. Infine, se trattasi di locatore che agisce in regime d’impresa ed oggetto dalla locazione è un immobile strumentale, la mancata riscossione del canone genera una perdita su crediti (art. 101 comma 5 TUIR).