Salta la norma che prevedeva la stretta al regime fiscale della cedolare secca sugli affitti brevi.

La legge di conversione del decreto di agosto non interviene sulle regole per l’applicazione della cedolare secca al 21%.

L’emendamento prevedeva una limitazione all’istituto degli affitti brevi, con possibilità di applicare la cedolare secca al 21%, soltanto fino ad un massimo di 3 abitazioni per singolo proprietario.

Oltre questa soglia, l’attività si sarebbe dovuta svolgere in forma d’impresa.

Affitti brevi e cedolare secca

L’istituto degli affitti brevi prevede, sostanzialmente, consiste in un contratto di locazione di immobile a uso abitativo, di durata non superiore a 30 giorni, stipulato da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa.

L’articolo 4 del Dl 50/2017 ha introdotto anche l’obbligo di ritenuta del 21% a carico di:

  • coloro che esercitano attività di intermediazione immobiliare
  • che gestiscono portali telematici (come airbnb), mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da affittare.

Se il beneficiario non opta in sede di dichiarazione dei redditi per l’applicazione del regime della cedolare secca, la ritenuta si considera operata a titolo di acconto.

Oltre i tre immobili è impresa

La nuova normativa avrebbe dovuto limitare l’istituto degli affitti brevi soltanto a 3 immobili.

Soglia oltre la quale l’attività si sarebbe dovuta svolgere in forma d’impresa.

Lo scopo è era quello di tutelare gli affittuari, ma anche gli albergatori e le altre strutture ricettive. Quest’ultimi in profonda crisi a causa dell’emergenza sanitaria del coronavirus e delle relative politiche di contenimento, introdotte nei vari Paesi, che hanno limitato gli spostamenti delle persone.

L’emendamento, come già detto in apertura, è stato inaspettatamente bocciato in Senato.

Ad ogni modo, è probabile che la stessa norma verrà riproposta, attraverso un intervento specifico, in Legge di Bilancio 2021.

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