La riforma fiscale sugli affitti brevi è a un passo. Secondo le stime sarebbero circa 9.000 gli host che verrebbero coinvolti nella stretta fiscale che il Parlamento si appresta a licenziare, così come proposta dal Ministro dei Beni Culturali e del Turismo Dario Francschini. Coinvolta in prima linea Airbnb, la piattaforma online che in Italia offre più di 450 mila alloggi per un giro d’affari che supera i 2 miliardi di euro.

La stretta è stata inserita nella più ampia riforma prevista dal disegno di legge su Turismo che dovrebbe essere presentata alla Presidenza del Consiglio questa settimana.

In sostanza chi affitterà più di tre unità immobiliari per meno di 30 giorni sarà considerato imprenditore e dovrà quindi sottostare ad imposizione fiscale prevista per il reddito d’impresa e aprire partita Iva qualora non ce l’avesse già.

Come cambierà la tassazione sugli affitti brevi

Così, sta maturando l’idea di cambiare le regole con apposita riforma per chi fa impresa con gli affitti brevi. La proposta del ministro ai Beni Culturali e del Turismo Dario Franceschini mira appunto a stringere i paletti intorno ai titolari di partita Iva (albergatori, esercenti di B&B, società turistiche, agenzia immobiliari, ecc.) che si avvalgono della piattaforma Airbnb per realizzare guadagni da affitti brevi. L’idea sarebbe quella di portare a tassazione a livelli d’impresa chi affitta più di tre case, superando il limite della cedolare secca previsto per gli affitti brevi e occasionali. “Il tema Airbnb – dice Franceschini – va governato in modo intelligente. Il turismo vuole sempre di più diventare ‘esperenziale’ e questo fa sì che le persone apprezzino sempre di più l’idea di essere ospitati in una casa in cui si può capire come vivere all’italiana. Sono forme di turismo interessanti. Ma va regolato”.

Quando la riforma sugli affitti brevi?

Il governo ha intenzione di fare presto, ma soprattutto bene.

Dopo che il PD ha inserito un emendamento apposito nel Dl Milleproroghe, si è preferito spostare la discussione all’interno di una riforma più complessa sul tema caldissimo degli affitti brevi. Il governo sta infatti lavorando proprio in questi giorni al disegno di legge sul turismo. In cantiere vi è la proposta di dare la possibilità ai Comuni di consentire l’affitto turistico solo con il rilascio di una licenza, stabilendo anche un tetto al numero di permessi e una durata massima degli affitti durante l’anno, tenendo conto anche del posizionamento degli alloggi nei centri storici. Limite oltre al quale solo esercitando attività imprenditoriale è possibile operare, ma con tassazione diversa dalla cedolare secca al 21%.

Come si paga l’imposta con Airbnb

La legge, varata dal governo Gentiloni nel 2017, prevede che gli affitti brevi, di durata inferiore ai 30 giorni, debbano scontare la cedolare secca del 21%. Tale imposta di soggiorno è a carico di coloro che pernottano nelle città. Le modalità di riscossione e versamento dipendono dai Comuni e dagli accordi siglati con la piattaforma Airbnb. In alcuni casi avviene automaticamente da parte di Airbnb per conto degli host ogni volta che un ospite paga una prenotazione. In altri casi potrebbero essere gli host a dover riscuotere manualmente le tasse Airbnb di soggiorno. Generalmente Airbnb preleva, all’atto della prenotazione, l’imposta dovuta dall’ospite e la riversa, alla scadenza stabilita dal regolamento, al Comune. Diversamente, qualora il contratto di affitto breve venga stipulato al di fuori di Airbnb o di altre piattaforme online il versamento della cedolare secca dovrà essere fatto mediante dichiarazione dei redditi (mod. 730 o Unico).