Il reddito di cittadinanza sembrerebbe ormai avere le ore contate. Il prossimo 25 settembre si terranno le nuove elezioni nazionali. Stando a tutti i sondaggi, la coalizione di centro destra è nettamente più avanti rispetto agli altri partiti. Un centro destra che da sempre è stato critico verso il sussidio tanto caro ai 5 stelle. La Meloni, in particolare, vorrebbe abolire il reddito di cittadinanza per far spazio il reddito di solidarietà: un sussidio a favore dei soggetti in di età superiore ai 60 anni, disabili o con disabili a carico, ma non per i giovani in piena capacità lavorativa.

Ad ogni modo, anche alcuni partiti di centro sinistra non sono di certo dei grandi sostenitori del sussidio. Alcuni di essi ne chiedono l’abolizione, altri delle importanti modifiche che vadano in senso restrittivo.

Anche Carlo Calenda, leader di Azione, si è recentemente scagliato contro il reddito di cittadinanza, ritenendolo, in alcuni casi, una misura “immorale”. Per Calenda, il reddito di cittadinanza dovrebbe essere tolto già alla prima offerta di lavoro rifiutata. Ma non è tutto.

Reddito di cittadinanza da abolire o quasi 

Come già detto in apertura, il reddito di cittadinanza non piace solamente ai partiti di centro destra. Sono in molti che lo vorrebbero abolire o ne chiedono alcune importanti restrizioni.

Unione Popolare, il partito di Luigi De Magistris, propone di aumentare l’importo dell’assegno ma, allo stesso tempo di innalzare la soglia di accesso ISEE da 9360 a 12.000 euro e renderlo una misura individuale e non esclusivamente legata al nucleo familiare.

Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, vorrebbe abolire la misura, e ha già depositato in Cassazione un quesito referendario che va in questa direzione

Infine, Carlo Calenda, leader di Azione – che proprio insieme a Renzi ha dato vita a quello che è stato ormai ribattezzato “il terzo polo” – si è da poco scagliato contro questa misura.

Calenda, durante la presentazione dei suoi candidati che si è tenuta in questi giorni a Venezia, ha affermato quanto segue:

“Un infermiere che lavora 10 ore al giorno, preparato, che ha a che fare con la malattia e la morte, guadagna in Italia 1.450 euro al mese. Per questo consideriamo immorale che chi può lavorare riceva il reddito di cittadinanza pagato anche con le tasse di quell’infermiere”.

Per questo motivo, il leader di Azione, non chiede di abolire il sussidio, ma propone la decadenza dal beneficio già alla prima offerta di lavoro rifiutata. Si tratta di “un principio giusto, morale ed etico, ha aggiunto. Nessuno sta dicendo che devi lasciare per strada qualcuno, ci mancherebbe”.