Anche Boeri, ex presidente Inps, è intervenuto in merito alla proposta dei sindacati di andare in pensione a 62 anni senza tagli sull’assegno, con importo pieno. In un’intervista a Radio Capital Boeri ha messo in evidenza quelle che potrebbero essere le storture e i paradossi di una simile misura: “se la proposta dei sindacati è andare in pensione a 62 anni con la pensione piena vuol dire che le persone che vanno a 62 anni sono trattate meglio di chi continua a lavorare. Non è giusto”.

Boeri ha pensato alle conseguenze per chi compie 62 anni in momenti diversi ma anche per coetanei che fanno scelte previdenziali diverse: in entrambi i casi ci sarebbe disparità di trattamento. “Non è giusto – spiega– per persone della stessa generazione e non è giusto tra generazioni diverse perché si appesantisce il debito pensionistico che grava sulle spalle dei giovani”.

La soluzione alternativa proposta da Boeri consisterebbe nel “dare la possibilità di anticipare l’uscita fino a tre anni prima, applicando però i coefficienti di calcolo dell’assegno non solo alla parte contributiva ma anche a quella retributiva. Così da avere circa un punto percentuale e mezzo in meno per ogni anno di anticipo del pensionamento”.

Alla luce di queste riflessioni, non poteva che essere dura la conclusione sull’ultima riforma pensioni: “Quota 100 è stato un attentato al patto tra generazioni, ha schierato alcuni contro gli altri.

Chi è nato nel 1959 rientra e beneficia del trattamento molto generoso rispetto a chi era stato bloccato dalla legge Fornero e a chi viene dopo, come la classe del 1960. Ha creato iniquità e aggravato il debito pensionistico, rendendo difficile la situazione per i giovani. Si deve intervenire subito e non aspettare la fine naturale del 2021, sennò si creano disparità.

Serve flessibilità con un modello di incentivi-disincentivi”.

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