Lavorare meno, lavorare tutti. Il vecchio adagio dei sindacati torna in auge in questi giorni di emergenza sanitaria e occupazionale. Le drammatiche ripercussioni del Covid-19 si faranno infatti sentire più avanti sul mondo del lavoro.

Non a caso, quindi, torna di particolare interesse la proposta di legge del PD presentata lo scorso mese di gennaio in Parlamento sulla possibilità di ridurre l’orario di lavoro per creare più posti per tutti. In particolare nel pubblico impiego dove l’orario dovrebbe scendere a 30 ore settimanali con ricorso al part time e defiscalizzazione degli straordinari.

Lavorare meno, lavorare tutti

Del resto la pandemia lascerà tracce indelebili sul mondo occupazionale e un intervento riformatore energico diventa sempre più necessario per non far sprofondare il paese nella povertà. L’idea di ridurre l’orario di lavoro a parità di salario, come ipotizzato in passato, non sta in piedi, ma quella di creare più posti di lavoro a parità di spesa è una strada percorribile e anche doverosa, all’ombra di una crisi economica che sarà lunga e difficile da superare. La proposta del PD si regge sulla riforma del cuneo fiscale introducendo un taglio di 4 punti (2 al datore di lavoro e 2 al lavoratore), dal 33 al 29 per cento per i nuovi contratti, ma solo fino a 30 ore di lavoro. Oltre le 30 ore lo sgravio non sarà più concesso in maniera tale da incentivare i datori di lavoro ad assumere più mano d’opera a orario ridotto. Il risultato è che il datore di lavoro avrebbe meno tributi e contributi da versare e il lavoratore più soldi in busta paga.

Statali: 30 ore di lavoro alla settimana per tutti

Nella pubblica amministrazione – sempre secondo il progetto di riforma del PD – si introdurrebbe il limite massimo per legge di 30 ore di lavoro settimanali, anziché 36, con le dovute eccezioni per alcune categoria di lavoratori.

Sarà agevolato anche il part time per chi ne volesse fare uso. In questo modo verrebbero creati nuovi posti di lavoro a salario ridotto, ma al contempo sarà concesso ai lavoratori di poter svolgere altri lavori nel settore privato a integrazione del minor salario percepito. L’emergenza Covid-19 imporrà anche lo smart working nella pubblica amministrazione, soprattutto nel settore impiegatizio, per cui verrebbe meno, in molti casi, la necessità di stare in ufficio per 36 ore la settimana con innalzamento del livello della produttività dei lavoratori a distanza.

750 mila occupati in più con la riduzione dell’orario di lavoro

La proposta del PD ha un costo stimato per lo Stato di circa 800 milioni il primo anno, 1,6 miliardi il secondo, 2,3 miliardi il terzo e a regime 2,8 miliardi. Ma, per converso, si risparmierebbero altrettanti soldi per interventi di welfare, come la Naspi o il reddito di cittadinanza che avrebbero un costo enorme per lo Stato se dovesse sostenere un’impennata di disoccupati nei prossimi mesi. I potenziali occupati aggiuntivi – se tutte le aziende assumessero con le risorse che si liberano con il taglio delle ore – potrebbero arrivare a 750 mila: 150 mila dalla defiscalizzazione dei contratti a 30 ore e del part-time volontario, 100 mila grazie alla “quota 30” nella Pubblica amministrazione e almeno 500 mila dal disincentivo delle ore di straordinario. Il riscorso al part time avrebbe poi il merito di aprire nuovi spazi per giovani lavoratori favorendo l’occupazione soprattutto nel pubblico impiego.