Fa discutere la proposta di Berlusconi di portare tutte le pensioni minime a 1.000 euro al mese. Una mossa provocatoria, forse poco credibile, ma non irrealizzabile. E in politica, si sa, le promesse prendono il sopravvento rispetto alla realtà.

Così anche il presidente della Regione Vincenzo De Luca, rispondendo a Berlusconi, rilancia: pensioni minime a 1.500 euro al mese. Oltre a caffè e a cornetto al bar gratis. E si gioca così a chi le spara più grosse. Ma la sfida è appena iniziata.

De Luca: pensioni minime a 1.500 euro

Così, a meno di due mesi dalle elezioni gli schieramenti politici affilano le armi e iniziano a darsi battaglia sul terreno delle pensioni. Il bacino elettorale è ghiotto. I pensionati in Italia sono 16 milioni e uno su tre prende meno di 1.000 euro al mese.

Potenzialmente si tratta di 5,6 milioni di voti che possono essere spostati, tanto a destra come a sinistra. Ed è del tutto evidente che si tratti di voto di scambio, cosa vietata dalla legge, ma chissà perché – in questi termini – è permessa.

Ma cosa c’è di vero in queste sparate? Forse tutto, forse niente. Gli slogan elettorali sono sempre avvolti da una immensa cortina fumogena. Però c’è anche da dire che De Luca due anni fa aveva integrato le pensioni minime a 1.000 euro al mese per circa 75 mila pensionati con redditi bassi.

Una manovra che, se da un lato aveva permesso a De Luca di essere rieletto alla presidenza, dall’altro ha indebitato ulteriormente l’amministrazione regionale della Campania.

Il piano di Berlusconi

Ma il progetto di Berlusconi sarebbe diverso e questa volta, a differenza che in passato, realizzabile. E’ solo una questione di numeri e di soldi, s’intende. Oggi, a differenza che in passato gli assegni da integrare al trattamento minimo sono meno. E poi perché le risorse finanziarie si andrebbero a recuperare dal reddito di cittadinanza.

Come sostiene Fratelli d’Italia, la manovra sarebbe sostenibile finanziariamente perché si andrebbero semplicemente a spostare risorse da una parte all’altra. Senza togliere nulla ai più bisognosi che verrebbero messi a disposizione dei Comuni per lavori retribuiti di pubblica utilità.

D’altra parte il reddito di cittadinanza è stato sin dalla sua nascita una misura controversa che ha diviso l’Italia in due. Si è venuto a creare un esercito di sussidiati (il 5,5% della popolazione) distorcendo il mercato occupazione. I datori di lavoro faticano a trovare commessi, camerieri, stagionali, bagnini, ecc.