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Oggi: 05 Dic, 2025

La fine del penny è la migliore spiegazione dell’inflazione

Il penny va in pensione negli Stati Uniti dopo 232 anni. Le ultime monetine sono state coniate a Filadelfia.
3 settimane fa
2 minuti di lettura
Fine del penny e inflazione USA
Fine del penny e inflazione USA © Licenza Creative Commons

Addio al penny. Le ultime monetine da un centesimo di dollaro negli Stati Uniti sono state coniate ieri a Filadelfia, là dove avevano debuttato 232 anni prima. Era il 1793, infatti, quando la Zecca americana produceva il cosiddetto “large cent” da 13,48 grammi in puro rame. L’attuale governo del presidente Donald Trump aveva annunciato la fine del conio perché “irrilevante e troppo costoso”. In effetti, il valore di un centesimo nella principale economia mondiale è del tutto marginale.

Effetto inflazione sulle monete

Coniare un penny ormai costava 3,69 centesimi, cioè 2,69 centesimi in più del suo valore ufficiale. Per lo stato significa accusare una perdita per ogni moneta rilasciata in circolazione.

Un signoraggio al contrario, in pratica. E dire che dal 1982 il contenuto di rame era stato quasi azzerato: placcatura per il 2,5% della moneta del peso di soli 2,5 grammi; il restante 97,5% è stato fino a ieri tutto zinco.

La fine del penny è la migliore testimonianza possibile di cosa voglia dire inflazione. Rispetto al primo conio nel 1793, i prezzi al consumo negli Stati Uniti si sono moltiplicati per 32,72 volte. Ciò significa che con la stessa quantità di dollari si può acquistare oggi solo il 3,056% dei beni di allora. Il dato corrisponde a un tasso medio annuo d’inflazione dell’1,51%, che è relativamente basso nel confronto internazionale. Basti pensare che la stessa perdita del potere di acquisto in Italia c’è stata tra il 1958 ed oggi, vale a dire in appena 57 anni.

Tosatura per ridurre i costi del conio

Abbiamo calcolato che nel 1793 coniare un penny costasse all’incirca mezzo centesimo. Ripetiamo, per una moneta del peso di quasi 5,4 volte superiore ad oggi.

Con il tempo è stato ridotto sia il peso, sia il contenuto di rame. Una tecnica che prende il nome di “svilimento” o “tosatura”. I sovrani nei secoli scorsi erano soliti ricorrere a questo espediente per ridurre i costi, spesso senza neanche dichiararlo ufficialmente. I sudditi si ritrovavano a pagare con monete che pensavano contenessero tot grammi di argento, oro, rame, ecc., mentre il loro valore effettivo era ben inferiore.

L’inflazione ha effetti negativi proprio sul valore reale di monete e banconote nel tempo. Queste perdono progressivamente di significato e non è insolito assistere alla loro soppressione, come nel caso del penny. Le economie alle prese con alti tassi d’inflazione ritirano le vecchie banconote per stamparne di nuove dal valore nominale più alto. Altre, come il Venezuela di Nicolas Maduro negli anni dell’iperinflazione, sono andate nella direzione opposta: togliere gli zeri per consentire ai consumatori di effettuare calcoli più agevoli in fase di pagamento.

Non solo penny, addio anche ai centesimi di euro

La scomparsa programmata del penny non è certo un inedito. Vi ricordate quando avevamo la lira italiana? Le monete da 50 lire erano diventate rare negli ultimi anni, quelle da 1 lira probabilmente molti di noi non le videro mai in circolazione. Anche con l’euro è già accaduto lo stesso. A partire dall’1 gennaio del 2018 il loro conio in Italia è stato sospeso per le monete da 1 e 2 centesimi, sebbene il loro corso legale resti.

Finlandia, Belgio e Irlanda hanno optato per l’abolizione, costringendo all’arrotondamento. I Paesi Bassi provvidero in tal senso, addirittura, subito dopo il debutto dell’euro, già nel 2004.

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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