La fortuna ha baciato Lodi a qualche giorno dal Ferragosto. Centrato il sei con il Superenalotto, che frutterà una vincita di ben 209 milioni di euro 160 mila euro e 441 euro a un ignoto cliente del bar Marino. Per la titolare, si potrebbe trattare di un turista. Di certo, la vincita è stata ottenuta con una sola schedina da 2 euro. Non un sistema, quindi, bensì un unico vincitore. Una cifra immensa per chicchessia. Ad occhio e croce, un operaio impiegherebbe 10.000 anni per guadagnarsela, un italiano della fascia di reddito medio-alta non meno di 5.000.

Naturale che il primo pensiero che frullerà nella testa del fortunato o della fortunata, dopo lo choc per la gioia, sarà su come impiegare una somma così elevata.

Se la dea bendata da, il fisco toglie. Per l’esattezza, l’importo superiore ai 500 euro sconta il pagamento di un’imposta del 12%. Ma non sarà ugualmente il caso di lamentarsi, perché quel sei continuerà a rendere quasi 184 milioni. Uno studio che, manco a dirlo, è stato pubblicato in America qualche giorno fa, ha messo in guardia i vincitori dei grossi jackpot negli USA, i quali a due anni dalla fortuna spesso si ritrovano più poveri di prima. Le cause? Cattiva gestione del denaro e sensi di colpa che spingono ad essere fin troppo generosi con gli altri.

Il primo obiettivo che bisognerebbe porsi quando s’intascano assegni con così tanti zeri sarebbe di garantirsi un tenore di vita alto anche nello scenario peggiore. Gli investimenti devono essere diversificati, per la stragrande maggioranza in assets qualitativamente elevati e sicuri e per una quota minoritaria in altri più rischiosi e per questo maggiormente remunerativi, almeno potenzialmente. Quasi scontato che si debba far ricorso a un consulente, che da esperto in materia saprebbe come impiegare i fondi. Tralasciando questo discorso, iniziamo con il dire che per garantirsi un flusso di reddito costante servirebbe puntare su un portafoglio obbligazionario variegato e a basso rischio.

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Redditi certi e fissi da portafoglio obbligazionario

Esso dovrebbe essere composto da bond essenzialmente in euro, emessi da società e stati con rating medio-alto (non “junk”) e dalle scadenze crescenti nel tempo, così da beneficiare negli anni dell’effetto sostituzione, man mano che i vecchi titoli verranno sostituiti con titoli nuovi e, auspicabilmente, dai rendimenti maggiori. Evitare come la peste i rendimenti negativi e le quotazioni troppo superiori alla pari. Accontentarsi, invece, di cedole anche basse, purché fisse e che garantiscano redditi certi. Da questo canale, il vincitore o la vincitrice dovrebbe essere in grado di mantenere un tenore di vita elevato. Certo, in questa fase risulta molto difficile comprare obbligazioni remunerative. Ma ci si potrebbe permettere eventualmente anche di spostarsi sulle scadenze più lunghe, seppure molto esposte al rischio di volatilità per il caso si optasse per il disinvestimento anticipato. Consiglio a titolo personalissimo: investire in bond “sicuri” il 60% del totale.

Oltre al portafoglio obbligazionario, puntare una quota non minima su altri beni fisici consolidati nei secoli: immobili e oro. I primi non stanno regalando soddisfazioni da circa un decennio, ma alla lunga il mattone dovrebbe reggere il valore del capitale investito, anche se dovremmo scordarci il boom dei decenni passati, quando la crescita della popolazione e l’inflazione alta ne spingevano le quotazioni. Il metallo è il bene rifugio per eccellenza e tende a proteggere contro il rischio di inflazione e tensioni internazionali di vario genere. Se le cose si mettono male, l’oro non tradisce ed è anche un asset molto facile da liquidare. Quanto investire? Il 10% negli uni e il 10% nell’altro.

Cosa faccio se ho obbligazioni con rendimenti negativi in portafoglio?

Non solo bond “sicuri”

Per il resto, bisognerebbe osare con un portafoglio obbligazionario più spinto, vale a dire composto da bond denominati in valute diverse dall’euro e i cui rendimenti si mostrino allettanti, al netto del rischio di cambio.

Qualche titolo con rating medio-basso (“BBB”) andrebbe inserito, così come quelli emessi in valute locali o forti sui mercati emergenti. E aggiungiamoci un pacchetto di azioni anch’esso diversificato su base geografica e settoriale, purché di società molto affidabili, meglio multinazionali con operatività in varie regioni del mondo, il cui capitale generalmente tende nel lungo periodo a sovraperformare il mercato. Un buon 10% in questi assets non sarebbe male!

Infine, liquidità. Una percentuale di denaro contante serve. Non alta, altrimenti il suo valore reale verrebbe intaccato dall’inflazione negli anni, ma quanto basta per affrontare imprevisti o per mettersi al riparo da eventi sfavorevoli sui mercati finanziari e non. Diciamo il restante 10%. A tale scopo, d’obbligo individuare più banche dalla massima solidità nelle quali parcheggiare la liquidità con l’apertura di conti correnti e deposito.

Le cedole incassate nel corso dell’anno (di bond e azioni) dovrebbero non solo essere godute in forma di redditi, ma in parte reimpiegate per aumentare il capitale investito e generare flussi futuri ancora più alti. Per esempio, se tutte le somme superiori a 100.000 euro all’anno fossero accantonate e le cedole ammontassero a complessivi 300.000 euro, i 200.000 euro eccedenti verrebbero reinvestiti e a loro volta genererebbero redditi dal secondo anno, e così via. Gli stessi immobili acquistati dovrebbero essere valorizzati con contratti di locazione o per attività di natura imprenditoriale, dai cui proventi verrebbero almeno coperti i costi di manutenzione e quelli tipicamente fiscali. Il resto eventualmente contribuirebbe anch’esso al tenore di vita.

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