Non c’è praticamente più alcun dubbio sul fatto che a luglio vi sarà il primo rialzo dei tassi della BCE dopo ben undici anni. L’ultimo risale, infatti, all’estate del 2011, nel bel mezzo della crisi dei debiti sovrani. Per alcuni, fu quella mossa sbagliata ad avere fatto esplodere definitivamente i bond nel Sud Europa. Ad ogni modo, con un’inflazione media nell’Eurozona salita al 7,5% ad aprile, nessuno più s’intesta a Francoforte una battaglia contro la stretta monetaria.

Se la scorsa settimana il governatore Christine Lagarde apriva ufficialmente a un primo rialzo dei tassi a luglio, in questi giorni sono usciti allo scoperto diversi membri del board in tal senso.

Il board chiede la fine dei tassi negativi

Ad aprire le danze delle esternazioni dei “falchi” è stato il governatore austriaco Robert Holzmann. Egli ha affermato che la stretta sui tassi BCE potrebbe essere anche avviata al board di giugno nel caso in cui l’inflazione nell’area continuasse ad accelerare. Tuttavia, ha prospettato più realisticamente un rialzo dello 0,50% al board di luglio.

A seguire è stata la volta del finlandese Olli Rehn, già commissario agli Affari monetari. Ha espresso la convinzione che la BCE debba uscire il più in fretta possibile dall’era dei tassi negativi. Infine, lo spagnolo Pablo Hernandez de Cos ha parlato di “ulteriori rialzi” nel corso dell’anno dopo il primo verosimilmente a luglio. Non ha precisato quale sarebbe l’entità di tali rialzi, né la loro frequenza. Il mercato sconta, comunque, un aumento del costo del denaro di oltre 110 punti base o 1,10% entro la fine dell’anno. Poiché i tassi sui depositi delle banche sono ad oggi a -0,50%, ciò equivale a intravedere una loro risalita sopra 0,50% entro dicembre.

Rialzo tassi BCE, impatto su mercato e mutui

Si tratta di una svolta a suo modo storica per l’Eurozona dopo anni di tassi negativi imperanti.

Il Bund a 2 anni, ad esempio, ha sfiorato lo 0,4% in settimana, portandosi ai livelli più alti dal 2011. Nel frattempo, l’Euribor risale lungo la curva. La scadenza a 12 mesi si è portata in territorio positivo già dal mese di aprile e ai massimi da oltre sette anni. Sulle scadenze a 3 e 6 mesi siamo ai massimi da due anni a questa parte. All’Euribor sono agganciati moltissimi mutui a tasso variabile. Ciò implica un aumento della rata mensile in corso per i titolari, sebbene le variazioni certamente più pesanti stiano riguardando in questi mesi i nuovi mutui a tasso fisso.

Possibili novità in vista anche per i conti bancari. Con la fine dei tassi negativi, le banche troveranno da un lato più conveniente parcheggiare liquidità in eccesso presso la BCE, dall’altro vedranno aumentare i costi della raccolta. La concorrenza dei titoli di stato a breve termine è palpabile. All’inizio dell’anno, un BoT a 12 mesi rendeva circa -0,5% contro un terzo di punto percentuale offerto mediamente dai conti deposito. Adesso, il primo è salito sopra 0,25%, a fronte di un tasso d’interesse stabile corrisposto dalle banche. Di questo passo, la convenienza a lasciare i soldi in filiale verrà meno e il cliente sarà coccolato per non lasciarselo sfuggire.

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