Si va verso la rete unica in fibra ottica dopo il via libera dei consigli di amministrazione di TIM e Open Fiber dello scorso fine settimana. Una vicenda che si trascina da anni e che dovrebbe vedere la fine entro i prossimi mesi. Pur essendo l’accordo non vincolante, le parti hanno deciso di sottoscrivere l’intesa formalmente entro il 31 ottobre. Probabile che lo facciano anche prima. Di cosa si tratta? La rete in fibra di TIM si unirà a quella di Open Fiber, quest’ultima una società fondata alla fine del 2015 – siamo in pieno governo Renzi – e controllata fino allo scorso anno pariteticamente da Cassa depositi e prestiti (CDP) ed ENEL.

La compagnia elettrica ha ceduto di recente la sua quota del 50% per il 10% alla stessa CDP e per il restante 40% del capitale al fondo australiano Macquarie.

Rete in fibra TIM e Open Fiber unica

In sostanza, la società che gestirà la rete in fibra ottica in Italia sarà controllata da CDP, che ricordiamo essere sin dal 2018 anche tra gli azionisti di TIM. Il capitale risulterà partecipato anche dal fondo americano Kkr, azionista di FiberCop, la rete secondaria di TIM, e Macquarie.

Grazie alla rete unica, gli analisti stimano che potranno essere ottenute sinergie per 4-5 miliardi di euro. Sulla valutazione degli asset si sono avuti negli anni forti contrapposizioni tra le parti. La stima parla di 25 miliardi, di cui 16,7 miliardi riferibili a TIM e 8,6 miliardi a Open Fiber. E questi numeri si rivelano i migliori possibili fin qui ipotizzati per l’ex monopolista, che adesso dovrà procedere allo scorporo della rete dal servizio. Alla prima dovranno essere trasferiti anche debiti e personale. Su questo punto, però, si prevede che serviranno circa due anni.

Grazie all’operazione, TIM otterrà due risultati principali: deconsoliderà gran parte del suo debito e si sottrarrà alle mire di Vivendi, che non si è rassegnata ad avere perso il controllo della società con il colpo di mano orchestrato da CDP e Kkr nella primavera del 2018.

Grazie allo scorporo anche dei debiti, la compagnia tornerebbe a ricevere  rating “investment grade” da parte delle agenzie internazionali. Oltretutto, la società sarebbe più snella anche dal punto di vista del numero dei dipendenti. Resta da verificare, tuttavia, quanti debiti e dipendenti saranno trasferiti in capo alla nuova società. Sinora Open Fiber ha temuto di rimanere schiacciata dal peso dei debiti e del personale di TIM, trasferiti secondo logiche non di mercato.

Mercato telefonico finalmente concorrenziale

Lo scorporo farebbe di TIM una compagnia di soli servizi, cioè a capo delle attività di telefonica, clienti, frequenze, servizi commerciali e gli asset in Brasile. Con oltre un quarto di secolo di ritardo rispetto alla privatizzazione, finalmente il mercato telefonico sarebbe reso finalmente del tutto concorrenziale. Resta il nodo del monopolio che nascerebbe con la fusione tra le due reti. Sul punto la Commissione europea aveva acceso i fari negli ultimi tempi. Evidentemente, le resistenze di Bruxelles sono cadute, forse per le rassicurazioni del governo circa il ruolo preminente che lo stato avrebbe nella NetCo attraverso CDP. I benefici per l’utenza restano tutti da dimostrare.

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