Un dato su tutti: presenze in calo tra il 20 e il 60 per cento rispetto al 2017. Sono sufficienti questi numeri per decretare il fallimento dell’Ibiza italiana, oggetto di un approfondimento recente del Corriere della Sera. Se fino a qualche anno fa Gallipoli era la capitale italiana del turismo giovanile, oggi imprenditori improvvisati e addetti ai lavori si leccano le ferite. Passare di moda è fisiologico, ma tale patologia colpisce maggiormente gli oggetti o un prodotto televisivo, più difficile che accada ad una località.

Se ci dovessero dire che il fascino dei monumenti di Roma o dei templi del Giappone sono destinati a essere presto dimenticati ci faremmo una lunga risata. Nel caso di Gallipoli, però, non c’è nulla da ridere.

La chiusura di locali simbolo

Gallipoli era stata ribattezzata l’Ibiza italiana per via della massiccia affluenza di turisti giovani, provenienti da ogni angolo d’Italia. Ad attrarre ragazzi e ragazze under 30 era stata la movimentata vita notturna offerta dai locali della costa salentina. Uno dei simboli della nightlife di Gallipoli era la discoteca Le Cave, che quest’anno ha dovuto chiudere forzatamente. Oltre al noto nightclub, l’Ibiza del Salento ha dovuto fare a meno del Parco Gondar, la più grande arena del Sud Italia. In un colpo solo, dunque, due delle principali location di eventi dell’estate a Gallipoli sono state chiuse su ordinanza dei giudici.

L’improvvisazione

Secondo la ricostruzione del Corriere della Sera, un’altra ragione che sta alla base della fallimentare estate 2018 di Gallipoli è l’improvvisazione degli ultimi anni. Spesso – racconta il Corriere – gli imprenditori locali hanno agito spinti dalla mentalità del voler “tutto e subito”. Così facendo, però, si è persa per strada la qualità, la stessa che invece hanno saputo mantenere altre destinazioni turistiche del Mediterraneo sparse tra Spagna e Grecia. Infine, viene fatto notare che l’esempio di Gallipoli – relativo all’improvvisazione – può essere esteso al resto d’Italia.

E così moltissimi giovani sono tornati a preferire la movida della Riviera Romagnola; basti pensare che l’80% degli affitti turistici veniva versato in nero e durante l’alta stagione l’orda di giovani che affollavano la ridente cittadina salentina erano persino pronti a dormire sui balconi pur di esserci. Va dunque rivista la qualità dell’offerta rispetto alla quantità, un errore che ad oggi si può dire è costato caro al turismo di Gallipoli, che solo a luglio ha visto un calo di presenze tra il 20% e il 60% rispetto agli anni scorsi. Ripartire insomma pensando ad un modello volto alla qualità ed esaltando le bellezze storico e culturali della zona sembra più che un incipit.

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