La corona islandese si è rafforzata contro l’euro del 20% in un anno, salendo ai massimi da 9 anni. La situazione è diventata seria nell’isola, tanto che la banca centrale ha tagliato i tassi la settimana scorsa, portandoli al 4,75% dal 5% precedente. A rischio vi sono le esportazioni dell’Islanda, specie di pesce verso il Regno Unito. La crisi finanziaria ed economica è alle spalle, ma ad avere alimentato il boom del cambio è stato il turismo, un’industria che oggi è arrivata a valere il 23% del pil.

Per quest’anno sono attesi sull’isola dei ghiacci e dei vulcani ben 2,4 milioni di turisti, quasi 8 volte in più il numero degli abitanti, in crescita del 25% rispetto al 2016, quando si era già registrato un +39%. Erano intorno al mezzo milione solamente nel 2009. Grazie anche alla pubblicità alimentata dalla serie cult mondiale Il Trono di Spade, l’Islanda è stata scoperta negli ultimi anni da un numero crescente di visitatori, il quale minaccia l’habitat naturale stesso dell’isola, mettendo a dura prova la tenuta delle sue infrastrutture. (Leggi anche: Troppi turisti, alberghi non bastano: due paesi in crisi di abbondanza)

Boom economico trainato dal turismo in Islanda

Stando ai dati di How Much, l’Islanda sarebbe oggi la quinta economia al mondo per dipendenza verso il turismo, dopo Malta, Croazia, Thailandia e Giamaica. Il boom di turisti ha contribuito a fare crescere il pil dell’11,7% annuo nell’ultimo trimestre del 2016, segno di un forte surriscaldamento economico.

Nel tentativo di scoraggiare nuovi afflussi, il Ministero delle Finanze ha previsto l’innalzamento shock dell’IVA nel settore turistico dall’11% attuale al 24% a partire dall’1 luglio di quest’anno. L’obiettivo è di rendere più cari i beni e i servizi sull’isola, quando già sono abbastanza onerosi, specie considerando l’impennata della corona contro l’euro negli ultimi anni. Solo da inizio 2014, l’apprezzamento del cambio è stato pari a circa un terzo.

Possibile cambio fisso

E dire che la rimozione dei controlli sui capitali a marzo aveva fatto temere un collasso della corona, essendo stati intrappolati per oltre otto anni investimenti stranieri, dopo il crac bancario. Adesso, il ministro delle Finanze, Benedikt Johannesson, annuncia un’ipotesi tutt’altro che remota, dopo che il governo ha istituito un apposito studio da completarsi entro l’anno: il “peg” tra corona ed euro. Se il cambio dovesse continuare a rafforzarsi, nonostante l’allentamento della politica monetaria, Reykjavik potrebbe seguire le orme di Copenaghen, fissando una parità con la moneta unica, in modo da non risentire più delle variazioni eccessive degli ultimi tempi. (Leggi anche: Islanda rimuove controlli sui capitali)

Certo, il paradosso sta proprio nel cambio: se il governo islandese riuscisse a indebolirlo o ne fissasse la parità contro l’euro, automaticamente i prezzi di beni e servizi in corone smetterebbero di crescere per i turisti stranieri, rendendo ancora più allettante una visita sull’isola, al netto dello shock che potrebbe seguire al raddoppio dell’IVA.