Investire il proprio denaro è diventato alla portata di tutti, grazie alla tecnologia. Numerose le piattaforme online che consentono di fare trading, anche se spesso non si ha davvero idea di cosa si stia facendo. La possibilità di accedere al mondo della finanza, quindi, non va confuso con la capacità di operarvi in maniera adeguata. Vediamo cinque dei principali errori comuni che il trader non professionista tende generalmente a commettere. Per prima cosa, qual è il capitale di base da puntare e su quanti e quali titoli? Quando si dispongono di piccole somme, il rischio che si corre è di investirle essenzialmente in un unico asset, massimo un paio.

Non va assolutamente bene, perché chiaramente se la direzione che esso prende fosse a noi contraria, perderemmo tutto.

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La diversificazione di piccole somme è, invece, possibile grazie all’uso sapiente della leva finanziaria. Anziché investire 1.000 euro in una sola azione, possono operare con una leva di 10:1 su 10 azioni, depositando un margine di 100 euro per ciascuna. In questo modo, riduco il rischio, senza per questo rinunciare ai guadagni potenziali. La leva funziona così: esborso solo una percentuale dell’esposizione effettiva, il resto me lo “presta” il broker. Ad esempio, investo 1.000 euro nell’acquisto del titolo Alfa, ma mi viene richiesto di depositarne come margine solo 100. Se il titolo guadagna il 30%, porterò a casa 300 euro, il 300% del margine, 10 volte quanto mi avrebbe reso il singolo investimento interamente effettuato cash.

Croce e delizia della leva

Ma la leva finanziaria espone anche alle perdite nello stesso modo. Pertanto, i piccoli trader commettono già un primo errore quando pensano che operare con una leva eccessiva riduca solo i loro esborsi per il singolo investimento, consentendo l’estrema diversificazione del portafoglio, a tutela dai rischi. Non è così. Se opero con una leva 50:1, basterà una perdita del 2% per perdere l’intero margine depositato e se vorrò continuare a operare sullo stesso titolo, il broker mi chiederà il reintegro, sollecitazione anche nota in gergo come “margin call”.

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Attenzione, però, a commettere l’errore di pensiero opposto, ovvero a credere che la leva finanziaria “amplifichi” le perdite. No, essa espone alla stessa perdita massima che si sosterrebbe investendo senza leva. Ad esempio, se opero con leva 50:1 e deposito un margine di 100 euro, mi sto esponendo per un capitale effettivo di 5.000 euro, che è la somma massima di denaro che rischio di perdere, la stessa del caso in cui investissi integralmente con esborso cash.

Esiste il modo per contenere le perdite, magari limitandole al margine depositato. Come? Impostando uno “stop loss”, vale a dire la chiusura dell’investimento al raggiungimento di una soglia di prezzo. In questo modo, conosco sin dall’inizio quale sarà la perdita massima che potrei accusare. Tuttavia, qua subentra un terzo errore comune tra i piccoli trader, vale a dire di impostare uno “stop loss” troppo vicino al prezzo di apertura della posizione, per cui piccole variazioni finiscono per determinarne la chiusura e di infliggere perdite piccole, ma certe, anche nel caso di un trend a noi avverso solo momentaneamente. In pratica, accettando perdite troppo basse, rischiamo di perdere l’opportunità che il titolo recuperi in direzione opposta e ci frutti un guadagno o ci infligga almeno perdite inferiori.

La psicologia del trader

E veniamo proprio al quarto errore: non accettare le perdite. Quando si entra sui mercati, si pensa che essere bravi significhi essenzialmente azzeccarle tutte. Nulla di più falso. Non esiste un solo investitore al mondo, di qualsiasi dimensione, che non riporti anche quotidianamente perdite. La bravura è determinata dalla capacità “nel tempo” o, se vogliamo, “in media” di maturare profitti superiori alle perdite.

Come conseguenza di questo pensiero sbagliato, l’improvvisato trader, non appena subisce il primo rosso, o smette di operare o si ostina a investire sullo stesso titolo per un malinteso senso di orgoglio, come per trovare conferma della bontà della propria analisi iniziale.

Infine, l’errore opposto: vuoi per bravura, vuoi per fortuna, si realizzano i primi guadagni. Il trader si convince di essere un Warren Buffett e inizia a farsi prendere la mano, ritenendo che il proprio fiuto possa fare a meno di una solida analisi propria o di un’attività di consulenza, come quella offerta il più delle volte dalle stesse piattaforme di trading. E qui s’imbocca la strada per il “ciaone” al capitale, come quando un giocatore al Lotto riscuote la vincita e la ripunta su un’altra schedina, pensando di replicare il colpo di fortuna, ma tornando a casa depresso e a mani vuote. Al contrario, non solo il trader dovrebbe seguire quotidianamente l’evoluzione sui mercati, ma anche possedere una buona dose di conoscenze macroeconomiche, imprescindibili per capire la direzione che assumono i prezzi degli assets al verificarsi degli eventi.

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