Vivendi ha presentato una denuncia contro lo stato italiano davanti alla Commissione europea per protestare contro la cosiddetta norma “salva Mediaset”, che assegna all’Autorità Garante per le Comunicazioni fino a sei mesi di tempo per valutare se il colosso francese in Italia violi il pluralismo nel settore delle telecomunicazioni. In particolare, si cita la mancata ottemperanza dell’authority alla decisione della Corte di Giustizia UE, che in data 3 settembre aveva bocciato la legge Gasparri e il Tusmar in quanto contrari alle norme europee.

Inoltre, la società lamenta che l’AGCOM non abbia aperto alcuna istruttoria, malgrado una richiesta in tal senso, per verificare se i ricavi di Mediaset superino il 10% del SIC e, quindi, se davvero l’ingresso di Vivendi in TIM e Mediaset costituisca un ostacolo al pluralismo del mercato.

Facciamo un passo indietro. Com’è nata la “guerra” tra i due ex amici Silvio Berlusconi e Vincent Bolloré? Tutto inizia nel 2016. Mediaset sigla con Vivendi un contratto per la successiva cessione di Premium, la pay tv del Biscione mai decollata davvero. Dopo alcuni mesi, i francesi ci ripensano e stracciano il compromesso. Il titolo Mediaset sprofonda in borsa e dopo poche settimane si scopre che Vivendi sta salendo nel capitale fino ad arrivare a poco meno del 30% delle azioni con diritto di voto.

A questo punto, Cologno Monzese passa alle azioni legali. Denuncia Vivendi per manipolazione del mercato – accusa Bolloré di essersi rimangiato la parola sull’acquisizione al solo fine di far crollare il titolo e scalare la società a sconto – mentre l’AGCOM impone ai francesi di “congelare” la quota eccedente al 10% in Mediaset, in quanto già controllano TIM con oltre il 23% del capitale. La scalata fallisce e il governo Gentiloni fa asse con Elliott Management e i fondi stranieri per rovesciare il controllo nell’assemblea degli azionisti di TIM.

Nel frattempo, la famiglia Berlusconi studia il modo per sottrarsi alle mire di Bolloré anche in futuro. Lancia il progetto MediaForEurope (MFE), con cui la sede legale di Mediaset verrebbe trasferita in Olanda, laddove conserverebbe il controllo anche delle inglobate Mediaset Espana e ProSiebenSat senza la necessità di arrivare al 50% più un’azione. L’estate scorsa, però, i tribunali di Madrid e Amsterdam, aditi da Vivendi, ne accolgono il ricorso e pongono fine al sogno olandese di Fininvest.

Berlusconi ha il Covid, ma è preoccupato di perdere Mediaset

Il ruolo dell’Europa

E arriviamo al 3 settembre: la Corte di Giustizia UE boccia la normativa italiana sulle telecomunicazioni. Anche a seguito dell’aborto di MFE, Berlusconi teme il peggio. Il governo Conte lo soccorre con un emendamento del PD al Dl Covid, che assegna all’AGCOM sei mesi di tempo per valutare se Vivendi stia attentando al pluralismo del mercato in Italia. E la scorsa settimana, la Commissione europea striglia nuovamente Roma, sostenendo che la norma da poco approvata non sarebbe compatibile con la legislazione UE.

Ecco come i grillini ora difendono gli interessi aziendali di Silvio Berlusconi

Insomma, da moribonda, Vivendi è resuscitata grazie ai tribunali e alle istituzioni comunitarie. Viene da chiedersi se lo “sgarro” di Berlusconi ai partner europei del PPE con il voto contrario di Forza Italia alla riforma del MES non sia stato dovuto proprio all’irritazione dell’ex premier per le ripetute delusioni ricevute in pochi mesi proprio da quella Europa che teoricamente avrebbe dovuto tutelarlo in funzione di contenimento della destra “sovranista” italiana. Insomma, un fallo da frustrazione, perché il baratto, a quanto pare, non ha funzionato. Mediaset rischia nuovamente di essere scalata dai francesi e il legislatore italiano ha combinato più di un pasticcio per salvaguardare gli interessi aziendali di uno dei leader dell’attuale opposizione.

Tuttavia, una buona notizia per Silvio c’è: l’ex patron Vincent Bolloré e l’AD Arnaud de Puyfontaine hanno da poco ricevuto un avviso di conclusione delle indagini da parte della Procura di Milano per i presunti reati di “manipolazione del mercato” e “ostacolo all’esercizio delle funzioni della Consob”. La società viene accusata, in sostanza, di avere volutamente manipolato il mercato con il tira e molla su Premium, al fine di fare oscillare i prezzi di Mediaset e tentare la scalata con capitali relativamente ridotti. Siamo entrati nel pieno di una guerra legale e politica, che non si concluderà presto. E fino a quando le sorti aziendali della famiglia Berlusconi resteranno “sub judice”, difficile che l’ex premier sia effettivamente libero di muoversi in Parlamento come meglio crede.

[email protected]