Dire che le elezioni politiche in Italia abbiano provocato un terremoto politico è poco. Quando sono stati scrutinati più dei due terzi dei seggi per la Camera, il Movimento 5 Stelle viaggia al 31,7% dei consensi, il centro-destra si attesta al 37%, il centro-sinistra becca appena il 23,6% e Liberi e Uguali non va oltre il 3,5%. E quando si guardano i dati di lista, il terremoto assume dimensioni ancora più plateali: dentro al centro-destra, al momento la Lega stacca Forza Italia di diversi punti, prendendo il 18,3% contro il 13,8% degli azzurri, mentre Fratelli d’Italia si attesta al 4,3% e Noi Con l’Italia di Raffaele Fitto all’1,3%.

Nel centro-sinistra, il PD precipita poco sopra il 19%, scendendo sotto la soglia psicologica del 20%, mentre +Europa di Emma Bonino manca le attese, fermandosi al 2,6-2,7%. Quasi nulli i risultati delle altre liste alleate.

Se è vero che i seggi con il sistema uninominale devono ancora essere assegnati, dalle simulazioni si hanno risultati abbastanza chiari. Il centro-destra ne avrebbe ottenuti una sessantina, l’M5S sui 45 e il PD poco più di una decina. Alla Camera, prenderebbero rispettivamente sopra i 110, oltre una novantina e 27 seggi. Insomma, plateale il tracollo verticale dei democratici, che stando alle proiezioni attuali sarebbero terzi o quarti in Parlamento per numero di seggi e dietro alla Lega.

I risultati ancora provvisori ci consegnano un’Italia divisa in due. Al centro-nord ha trionfato il centro-destra, trainato da Matteo Salvini, mentre al sud è stata una valanga grillina ben aldilà delle previsioni. In Sicilia, ad esempio, i 5 Stelle avrebbero fatto cappotto, conquistando tutti i 22 seggi alla Camera assegnati con l’uninominale. Resistono in favore del centro-destra solo la Calabria e la Campania, mentre il PD ottiene qualche seggio solo nelle regioni “rosse” dell’Italia centrale e nel Trentino-Alto-Adige, per il resto venendo sconfitto facilmente ovunque.

Di Maio e Salvini sicuri vincitori, Renzi e Berlusconi sconfitti

L’esito non lascia spazio a dubbi: hanno vinto Movimento 5 Stelle e Lega.

Luigi Di Maio e Matteo Salvini possono essere annoverati tra gli unici vincitori senza dubbio di queste politiche, mentre la sconfitta ha i visi di Matteo Renzi, anzitutto, così come anche di Silvio Berlusconi, scavalcato dagli alleati per la prima volta dal 1994 in termini di consensi. Già dai primi exit poll di ieri sera, i risultati per il PD apparivano molto deboli, ma sono state le proiezioni ad avere fornito un’idea ben più evidente del grado di disfatta subito alle urne, tanto che il vice di Renzi, Maurizio Martina, era costretto ad ammettere già alle prime ore della notte che la sconfitta appare “netta ed evidente”. Il segretario non ha ancora parlato, si sa che lo farà questo pomeriggio, quando quasi certamente annuncerà le dimissioni dalla carica, ponendo fine alla sua leadership nel partito dagli esiti disastrosi.

Nel centro-destra, dagli ambienti berlusconiani bocce cucite, se non quel “abbiamo pagato il fatto di non essermi potuto candidare” pronunciato proprio dall’ex premier per spiegare come sia stato possibile che la Lega abbia superato in voti Forza Italia. E Matteo Salvini ha adesso le chiavi della legislatura. Da lui dipenderanno, infatti, eventuali larghe intese. Il centro-destra è primo per numero di seggi sia alla Camera che al Senato, ma lontano dalla maggioranza assoluta. Da qui, la prospettiva di un governo guidato dal leader del Carroccio e sostenuto anche dal PD. In alternativa, lo stesso Salvini potrebbe portare i suoi parlamentari in dote all’M5S e provare a governare insieme. Questa ipotesi, numericamente possibile, sarebbe politicamente un azzardo, tuttavia, per il leghista.

Euro-scettici maggioranza, PD colato a picco

Il dato saliente uscito dalle urne è questo: i partiti euro-scettici sono maggioranza assoluta in Italia. Mai era accaduto qualcosa di simile nel nostro Paese, mai in un qualche altro stato occidentale.

Un voto certamente di protesta e di riflusso dagli schieramenti tradizionali, del tutto incapaci di captare gli umori dell’elettorato e rivelatisi poco o affatto credibili nel proporre soluzioni ai problemi di cui, a torto o a ragione, vengono considerati cause.

Un rebus la formazione del prossimo governo. Il pallino passerà nelle mani del presidente Sergio Mattarella, che dovrà inventarsi qualcosa per evitare mesi di impasse istituzionale. L’ipotesi di larghe intese tra centro-destra e PD, ad esempio, se numericamente sarebbe pure perseguibile, politicamente porrebbe un doppio problema: come farebbe il partito di Renzi a sostenere un premier leghista e come si potrebbero escludere dall’esecutivo i grillini, veri vincitori di questa tornata?

E’ certo che con questi numeri non si potrà governare facilmente, ma nemmeno tornare al voto. Troppo deboli PD e Forza Italia per permettersi avventure elettorali potenzialmente fatali. E allora, bisognerà trovare una qualche formula che consenta ai vincitori di andare al governo e ai perdenti di appoggiarli, perché se alla vigilia delle elezioni si parlava di larghe intese per dipingere scenari di accordo tra Renzi e Berlusconi, adesso è chiaro, invece, che queste passeranno necessariamente per Lega e/o M5S. Brutta fine per il Nazareno, che dovrà barcamenarsi tra l’opposizione dura e pura da un lato o la prospettiva ancora più tragica di sostenere un esecutivo a guida Salvini o uno con Di Maio premier dall’altro.

Sconfitta l’Europa, spira un’aria “trumpiana”

E a Bruxelles ci saranno musi piuttosto lunghi stamattina, se è vero che gli italiani, da Lampedusa a Trieste, hanno inviato alle istituzioni europee un enorme “vaffa”, che si colora di giallo al sud e di verde al centro-nord. Può sorridere il presidente americano Donald Trump, che da qualche ora può contare su un’Italia geopoliticamente passata in campo anti-tedesco, un sogno a cui alla Casa Bianca forse nemmeno credevano più di tanto e che si è rivelato realtà.

Quanto ai mercati, i segnali non appaiono devastanti. Tokyo ha chiuso poco fa in calo, ma senza percentuali drammatiche (-0,66%), mentre il cambio euro-dollaro si mostra stabile e l’oro non sale affatto, restando a 1.325 dollari l’oncia. Nessuna corsa ai beni rifugio, quindi, né “sell-off” ai danni della moneta unica, forse grazie alla vittoria di larga misura dei “sì” all’accordo con la cancelliera Angela Merkel tra iscritti e dirigenti socialdemocratici, annunciata nella giornata di ieri. Se la Germania ritrova, pertanto, una minima prospettiva di stabilità istituzionale, l’Italia la perde. E comunque vada, bisognerà fare i conti con sentimenti anti-establishment ed euro-scettici. L’aria a Roma è cambiata di brutto e in poche ore.

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