La crescita calante della popolazione mondiale terrà bassi i tassi d’interesse. Parola di JP Morgan, che lo mette nero su bianco in una sua nuova ricerca. Il tema è molto dibattuto anche in ambito accademico negli ultimi anni. Sappiamo che dopo la crisi finanziaria del 2008, tutte le principali banche centrali hanno azzerato i tassi e varato potenti stimoli monetari per sostenere la liquidità sui mercati e, di conseguenza, le aspettative d’inflazione.

Molti tra gli economisti si sono interrogati se l’inflazione e, quindi, i tassi d’interesse siano bassi a seguito di tale allentamento monetario o se le cause vadano trovate altrove.

Secondo la banca d’affari americana, una crescita della popolazione sempre più bassa aumenta i risparmi e abbassa i consumi. Ciò porta inevitabilmente a bassi tassi d’interesse strutturali.

Vediamo di capire meglio. Il fenomeno delle basse nascite riguarda particolarmente il mondo avanzato, specie l’Europa. Tuttavia, un po’ in tutto il pianeta questo fenomeno è presente. Certamente, meno nelle economie emergenti, dove ancora i ritmi di crescita demografica risultano sostenuti. Man mano che queste si sviluppano, però, tendono a seguire lo stesso trend delle economie più mature. Per cause parzialmente diverse, sta accadendo in Cina. La fine della politica del figlio unico sin dal 2016 non ha aumentato le nascite, il cui numero, al contrario, è sceso ai minimi da mezzo secolo a questa parte.

Non solo fattore demografico sui tassi d’interesse

Quale sarebbe il nesso tra crescita demografica e tassi d’interesse? Nascendo meno bambini, cresce l’incidenza della popolazione più anziana e si riduce quella della popolazione giovane. Di conseguenza, s’investe di meno per comprare casa, auto e, in generale, i consumi ristagnano. Viceversa, aumentano i risparmi, tipicamente elevati tra le fasce più mature. E secondo JP Morgan, ciò innescherebbe una sorta di circolo vizioso.

Poiché i tassi d’interesse sono bassi, gli investimenti diventano meno remunerativi. Pertanto, si è costretti a risparmiare di più per potere ambire agli stessi livelli di reddito futuro. Ciò comporta un maggiore afflusso di capitali sui mercati, che non fa che tenere bassi i tassi d’interesse.

Davvero la popolazione mondiale cresce più lentamente? I numeri lo confermano. Nel 2020, ha segnato +1,05%. Nel 2000, la crescita era stata dell’1,31%, mentre tra la fine degli anni Sessanta e inizio anni Sessanta – il periodo del “baby boom” – superava il 2%. Dalla fine degli anni Ottanta, la curva si mostra in calo costante. In valore assoluto, la crescita si sta stabilizzando poco sopra gli 80 milioni di abitanti all’anno.

Chiaramente, non è solo il fattore demografico ad incidere sui tassi d’interesse. La bassa inflazione è una componente fondamentale, a sua volta legata all’avanzamento tecnologico e alla globalizzazione dei mercati. Dunque, i prezzi tendono a crescere lentamente grazie all’elevata produttività delle imprese e alla concorrenza praticamente mondiale con cui si scontrano i prodotti e i servizi offerti. Ciò spinge il mercato a pretendere tassi d’interesse anch’essi bassi, dovendo fronteggiare una perdita del potere di acquisto calante e nettamente inferiore rispetto ai decenni passati. Infine, man mano che le economie emergenti si svilupperanno, non solo registreranno tassi di crescita demografica inferiori, ma offriranno sui mercati capitali più abbondanti. E anche per questa via terranno bassi i tassi d’interesse.

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