Questa sera, il board della Federal Reserve si riunisce per alzare certamente i tassi d’interesse per la terza volta consecutiva. La stretta monetaria è iniziata a marzo, quando la FED portò il costo del denaro a 0,50%, un quarto di punto percentuale in più di prima. Ad aprile, poi, lo aveva raddoppiato all’1%. Per stasera, le previsioni di base degli analisti sono per un secondo aumento dello 0,50%, anche se iniziano a diffondersi stime più “hawkish”. Secondo Barclays e Jefferies, possibile un rialzo dei tassi dello 0,75%.

Standard Chartered, addirittura, non esclude neppure l’ipotesi di un annuncio choc del +1%.

Rialzo tassi FED, critiche a Powell

A maggio, l’inflazione americana è salita all’8,6% dall’8,3% di aprile. Si è trattato del dato più alto dal 1981. Per quanto la crescita dei prezzi al consumo abbia rallentato su base mensile, le aspettative erano per un calo tendenziale. Nel frattempo, gli stipendi orari degli americani sono cresciuti del 3% in meno dell’inflazione, per cui le famiglie stanno perdendo potere d’acquisto a ritmi insostenibili alla lunga. E i consumi privati incidono per il 70% del PIL USA.

Le critiche all’operato della FED si stanno moltiplicando. Il consulente economico di Allianz, El Erian, ha dichiarato che l’inflazione “avrebbe potuto essere evitata” con un intervento più tempestivo dell’istituto. E ha spiegato che, una volta che la banca centrale rimane indietro, per recuperare è poi costretta a scegliere tra lotta all’inflazione e salvaguardia dell’economia. In altre parole, il rischio di recessione negli USA sale. Non sono in pochi a dubitare, infatti, che il governatore Jerome Powell non sarà in grado di riportare la stabilità dei prezzi senza far ripiegare il PIL.

I dolori della BCE

Alla BCE va pure peggio. La lotta all’inflazione non è iniziata e già l’Eurozona è nel caos. I mercati stanno vendendo i bond del Sud Europa, provocando l’ampliamento degli spread.

Christine Lagarde ha assicurato di avere gli strumenti per evitare il rischio di frammentazione monetaria, ma nella sostanza non ha prospettato alcun piano credibile e concreto.

Certo è che se stasera il rialzo dei tassi FED fosse superiore alle attese (75-100 punti base), per Francoforte le cose si metterebbero parecchio male. Le pressioni ribassiste sul cambio euro-dollaro aumenterebbero e, al fine di evitare il raggiungimento della parità o la discesa al di sotto di essa, la BCE sarebbe costretta a rincorrere con una stretta più vigorosa. Senonché, in assenza di uno scudo anti-spread, ciò farebbe saltare in aria i debiti sovrani di Italia, Spagna e Portogallo.

Pesa la guerra tra Russia e Ucraina

A questo punto, determinante si rivelerà la durata della guerra tra Russia e Ucraina. Più si prolunga, maggiori i rischi di attecchimento dell’inflazione in Europa e Nord America. I prezzi alle stelle delle materie prime, persino alimentari, renderebbero poco efficaci le mosse delle principali banche centrali, almeno finché queste non colpissero le rispettive economie in misura tale da provocarne la caduta sui mercati internazionali. Ecco, dalla recessione è probabile che si dovrà passare per disinflazionare le economie. Le banche centrali hanno agito poco e tardi. Non imparano mai dai loro errori passati. Forse, non è un caso che l’amministrazione Biden starebbe allentando il suo sostegno al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, fiutando il rischio che una durata eccessiva della guerra contro la Russia finisca per travolgere l’economia americana.

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