Mancano poco più di due settimane al terzo board dell’anno della Banca Centrale Europea (BCE). L’unica certezza è che ci sarà un settimo aumento consecutivo dei tassi d’interesse. Resta da definirne l’entità. Il governatore lettone Martins Kazaks ha dichiarato nei giorni scorsi che l’opzione sarebbe tra +0,25% e +0,50%. Il potente Joachim Nagel, a capo della Bundesbank, non ha avuto remore nell’affermare che la stretta monetaria dovrà proseguire, perché l’inflazione nell’Area Euro resta alta. A preoccupare è, in particolare, il dato “core”, salito al 5,7% e che a marzo ha così segnato un ennesimo record.

Si tratta dell’inflazione calcolata al netto dell’energia e dei prodotti alimentari, due voci volatili del paniere. Ma lo stesso Nagel si è detto fiducioso che questa inizierebbe la discesa prima dell’estate.

La retorica da “falco” sui tassi d’interesse sta consentendo al cambio euro-dollaro di portarsi sulla soglia di 1,10, che aveva già visto a inizio febbraio. L’apprezzamento valutario è desiderato dalla BCE, in quanto riduce il costo dei beni importati. L’Euribor a 3 mesi, che tende a combaciare con il tasso sui depositi bancari, è salito a ridosso del 3,20%. Era al -0,57% a inizio 2022. Il mercato sconta tramite i contratti “futures” che salirà fino al 3,75% entro il mese di settembre. A marzo, il tasso sui depositi bancari è stato portato al 3%, mentre i tassi di riferimento al 3,50%.

Tassi d’interesse, due opzioni a maggio

Tenendo a mente questo rapporto, dovremmo immaginare che i tassi d’interesse di riferimento saranno aumentati fino al 4,25%. In sostanza, ci sarebbero o tre ulteriori aumenti da 0,25% ciascuno o due, di cui uno a maggio dello 0,50% e uno al board successivo di giugno dello 0,25%. Per una questione di prudenza, ci attendiamo che a maggio la BCE porti i tassi dal 3,50% al 3,75%. Avrebbe così a disposizione fino a fine luglio per proseguire la stretta.

D’altra parte, il rischio sarebbe di generare sui mercati aspettative di allentamento monetario. E già Francoforte segnala da settimane che i rendimenti obbligazionari non starebbero scontando correttamente lo scenario prossimo.

Dunque, esistono pro e contro per ciascuna delle due opzioni disponibili. Tuttavia, la BCE non farà leva sui soli tassi d’interesse per contrastare l’inflazione. Nagel prospetta una stretta quantitativa maggiore (Quantitative Tightening). Sin dal mese di marzo, la BCE sta riacquistando i bond in portafoglio con il programma Quantative Easing per un controvalore di 15 miliardi al mese inferiore a quelli in scadenza. In questo modo, sta riducendo la liquidità sui mercati per indurre il sistema bancario-finanziario a concedere minore credito all’economia e stabilizzare così i prezzi al consumo. Se il taglio ai reinvestimenti fosse accresciuto, nei fatti vi sarebbe un aumento mascherato dei tassi d’interesse.

A tale proposito, in questi giorni il governatore Christine Lagarde ha spiegato che la stretta quantitativa punta a ridurre il credito all’economia, a patto che il calo non si riveli eccessivo e tale da pesare sulla crescita. Viceversa, aiuterebbe la BCE nel suo mandato di centrare il target d’inflazione del 2%.

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