Da New York, dove ha partecipato al vertice ONU sul clima, il premier Giuseppe Conte ha dichiarato che si starebbe convincendo del fatto che l’evasione fiscale sia il male dei mali da combattere e che vada stanata con appositi strumenti. E oltre a tassare il contante, nel suo governo circolano diverse soluzioni per cercare di fare cassa, tra cui ve ne sarebbe una non nuovissima e che avrebbe un impatto reale forte sui contribuenti: l’inserimento di nuove tasse da riscuotere con la bolletta della luce.

Nel 2015 ci pensò l’allora governo Renzi a imporre la riscossione del canone Rai con la bolletta elettrica, al fine di combattere l’alta percentuale di evasione del balzello. L’idea si rivelò vincente, non fosse che per l’impossibilità pratica di sfuggire al pagamento, tranne di mettere in conto il distacco dell’energia elettrica da parte della compagnia erogatrice.

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Lo scorso anno, in sede di varo della Legge di stabilità, il governo gialloverde e stavolta su pressione della Lega, aveva consentito ai comuni in dissesto finanziario la possibilità di imporre la riscossione della Tari tramite la bolletta della luce, prendendo atto dell’elevata evasione del tributo in molte realtà meridionali, dove persino un contribuente su due vi sfugge, svuotando le casse degli enti locali e provocando situazioni di vera emergenza sul fronte della raccolta dei rifiuti.

Nuove tasse nella bolletta della luce?

Quali altre tasse verrebbero caricate in bolletta? Qualcuno ha azzardato il bollo auto, le cui entrate vanno a beneficio delle regioni e che ogni anno valgono qualcosa come 7 miliardi di euro in totale. Tuttavia, sul piano pratico si tratterebbe di soluzioni assai complicate, perché se il canone Rai è una tassa uguale per tutti e, quindi, facile da calcolare per le compagnie elettriche, lo stesso non può dirsi a proposito di Tari e bollo auto, la prima dipendente dai criteri di calcolo fissati dal singolo comune e che portano il tributo ad essere diverso da casa a casa, il secondo come sappiamo è legato ai Kw di potenza del veicolo.

E poi, il bollo auto del solo intestatario dell’utenza domestica o di tutto il nucleo familiare?

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Si aprono due riflessioni sul tema. Anzitutto, non sembra corretto che siano società private a fungere da riscossori delle tasse al posto degli uffici pubblici preposti. Ciò complica il loro business, ne eleva i costi di gestione e, soprattutto, rende poco trasparenti i costi del servizio offerto, visto che il saldo finale della bolletta risentirebbe di voci che nulla abbiano a che vedere con i consumi energetici. Si rischia una riduzione del grado di concorrenza tra le compagnie, a causa della difficoltà che avrebbe il cliente nel capire chi fosse più conveniente. Secondariamente, se dobbiamo delegare ai privati la riscossione delle tasse, perché non smantelliamo parimenti enti come l’Agenzia delle Entrate, evidentemente incapaci o impossibilitati ad assolvere al loro dovere? Non paghiamo forse le imposte per mantenere la Pubblica Amministrazione, salvo scoprire che i suoi dipendenti siano retribuiti senza centrare gli obiettivi?

Infine, il solo fatto che l’unica soluzione apparentemente oggi efficace per riscuotere le tasse sia imporle nella bolletta della luce svela il collasso del fisco italiano. Se il cittadino paga le tasse solo perché costretto dall’assenza di una via di fuga e non potendo rinunciare a un bisogno primario come l’energia elettrica, viene da chiedersi il perché. Semplice furbizia o rottura del rapporto che lo lega allo stato, di quel “patto sociale” che Conte spiega di voler riscrivere, anche se non si capisce in quali termini?

Stato italiano al collasso

Nessuno ama pagare le tasse, in nessun luogo.

Tuttavia, quando l’evasione fiscale raggiunge percentuali ragguardevoli, difficile credere che sia dovuto solo a una tendenza di massa al non rispetto delle regole. C’è qualcosa di più. Cosa? Senz’altro, la mancata credibilità delle istituzioni, sia in fase di riscossione, sia ancor prima come apparato capace di fornire beni e servizi alla collettività con efficacia e seguendo i principi dell’efficienza. I contribuenti italiani non possono non notare di pagare troppo per servizi spesso carenti o assenti. Al sud, ad esempio, evadere la Tari sarebbe diventata forse la forma di protesta più efficace e immediata di quanti siano stufi di guidare su strade ridotte a trazzere e di mantenere sprechi pubblici vistosi a favore delle solite clientele.

Le nuove tasse in bolletta forse arriveranno, forse no per ragioni di opportunità. Di certo, il dibattito è la spia di uno stato alla frutta, se non al dessert, incapace anche solo di incassare il gettito dagli evasori fiscali colti in fallo. L’Agenzia delle Entrate ha circa 800 miliardi di euro da recuperare, ma si stima che meno del 5% sarebbe effettivamente incassabile, per cui il problema non è solo e tanto l’evasione in sé, quanto l’incapacità dello stato di punirla adeguatamente. Possiamo anche eliminare il contante a partire dalla mezzanotte di oggi, ma se poi non siamo in grado di trasformare il maggiore gettito virtualmente dichiarato in entrate sonanti, servirebbe a poco. E fino a quando non rifonderemo lo stato nel suo complesso, come un nuovo Risorgimento nazionale, il collasso del sistema non farà che accentuarsi, travolgendo Pubblica Amministrazione e istituzioni repubblicane.

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