Pochi giorni fa, il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha firmato il decreto per l’istituzione di un fondo da 10 milioni di euro a disposizione per il cosiddetto bonus psicologo. Il presidente di Confindustria, Andrea Bonomi, ci è andato pesante, lanciando l’allarme sullo sperpero di denari pubblici. Lo stesso ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, si è mostrato titubante. Ma la misura è solo l’ultima varata dal governo per dare vita all’ennesima elargizione a favore di questa o quella categoria.

Oramai, l’Italia è una Repubblica fondata sui bonus. Occhio a pensare che si tratti di benevolenza del legislatore. La verità è che i sussidi a pioggia tentano maldestramente di lenire la caduta dei redditi tra le famiglie italiane. E proprio in questi mesi, esse stanno pagando una “tassa” sui redditi nell’ordine di oltre 100 euro al mese.

La tassa sui redditi pari a uno stipendio l’anno

A maggio, l’inflazione italiana è lievitata al 6,9%. E’ il dato più alto dal 1986. Nel primo trimestre, l’ISTAT ha segnalato che la crescita degli stipendi è stata dello 0,8%. Improbabile che sia seguita una brusca accelerazione. Questo significa che i redditi stiano perdendo potere d’acquisto al ritmo medio di circa il 6% all’anno. Considerato che nel 2020 lo stipendio medio di un italiano si attestava a neppure 21.500 euro netti all’anno, il conto che stiamo pagando in termini di ridotta capacità d’acquisto si attesterebbe sopra i 100 euro al mese, qualcosa come 1.260 euro all’anno.

Questa tassa sui redditi nascosta si è mangiato del tutto il bonus Renzi, che dal marzo di quest’anno ha cambiato pelle e che è goduto dai lavoratori dipendenti fino a 15.000 euro all’anno. Sopra tale cifra, gradualmente si riduce e si trasforma in detrazione fiscale. La pseudo “generosità” del governo è figlia della paura della reazione delle famiglie alla grave crisi dei redditi che stanno attraversando in questi mesi.

L’Italia ha subito un calo dei redditi reali negli ultimi 30 anni, ma perlomeno ha goduto di una certa stabilità dei prezzi. Adesso, sta accusando una veloce perdita del potere d’acquisto, alla quale le istituzioni cercano di rimediare accollandosi costi crescenti al posto delle famiglie.

La demagogia dei bonus a pioggia

In pratica, la politica dei bonus è diventata la risposta demagogica di una classe dirigente incapace di risolvere alla radice i problemi dell’economia. E allora punta a trasferire sui bilanci pubblici alcune voci di spesa che altrimenti ricadrebbero su redditi reali sempre più bassi. Questa tassa sui redditi pesa già intorno ai 30 miliardi di euro con riferimento alla massa salariale. Altri 120 miliardi stanno andando in fumo tra i risparmi depositati in banca, i quali fruttano niente o quasi. Solamente queste due voci segnalano perdite di ricchezza intorno ai 150 miliardi.

E’ evidente che lo stato non potrà sopperire a colpi di bonus, se non in piccola parte. Ma non trova altre risposte pratiche alla crescente disillusione dei cittadini. Le riforme sono impopolari, elettoralmente costose. Meglio che i costi li paghino i cittadini stessi ricorrendo al debito pubblico.

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