Il premier Giuseppe Conte vorrebbe tagliare temporaneamente le aliquote IVA, specie quella ordinaria e più alta del 22%, che grava sulla generalità di beni e servizi non primari. L’obiettivo dichiarato sarebbe di sostenere i consumi, particolarmente nei settori più colpiti dal Covid-19 (turismo, ristorazione, etc.). Ogni punto di IVA in meno con l’aliquota massima equivale a circa 4,5 miliardi di euro di minore gettito in un anno. Palazzo Chigi vorrebbe offrire uno stimolo forte ai consumi, arrivando a tagliare l’IVA del 22% fino al 12%.

Dieci punti in meno concentrati in pochi mesi, così da centrare il doppio obiettivo di dare sollievo a famiglie e imprese e senza appesantire troppo i già esplosivi conti pubblici.

Il taglio dell’IVA sarà una tassa mascherata sul contante

Nel governo, la pensano come il premier i parlamentari pentastellati, che scorgono in questo taglio un’iniziativa popolare e tale da ringalluzzire il Movimento 5 Stelle nei consensi. PD e Italia Viva si mostrano contrari, preferendo che eventuali nuovi stimoli fiscali vengano destinati all’abbassamento della tassazione sul lavoro, così da favorire l’occupazione. Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, frena e dall’Europa sono arrivate reazioni prudenti sia dal commissario Paolo Gentiloni che dal presidente dell’Europarlamento, David Sassoli. Il primo ha dichiarato che commenta solo i progetti ufficialmente presentati dal governo a Bruxelles, il secondo è stato molto più esplicito quando ha chiarito che gli aiuti europei non finanziano il taglio delle tasse.

L’Europa non gradisce

E questo è già un primo fronte difficile da superare: il sostegno della BCE alle emissioni corpose di debito degli stati non può neanche minimamente essere concepito per finanziare misure dal corto respiro e, se vogliamo, propagandistiche come sarebbe il taglio temporaneo dell’IVA. Se è vero che la Germania lo abbia già varato, tagliando le aliquote dal 19% al 16% e dal 7% al 5%, d’altra parte Berlino ha i mezzi per farlo, avendo registrato surplus di bilancio per ognuno degli ultimi cinque esercizi e partendo da un rapporto debito/pil del 60%.

L’annuncio di Conte sta rafforzando lo scetticismo nel Nord Europa riguardo al Recovery Fund. Il cancelliere austriaco aveva dichiarato nei giorni scorsi che non potrebbe giustificare l’invio di aiuti all’Italia per alimentare sprechi come il bonus vacanze. L’idea che i contribuenti olandesi, austriaci, svedesi, danesi, gli stessi tedeschi, etc., debbano tagliare le tasse agli italiani non si regge in piedi. Certo, Roma lo farebbe ufficialmente con i nostri soldi, ma ricorrendo a quel debito sostenuto sui mercati dalla BCE e che entra nei suoi bilanci, gravando come un rischio su tutti gli stati dell’Eurozona.

Se l’idea sembra un autogol per l’Italia, alla vigilia del Consiglio europeo di luglio sul Recovery Fund, nemmeno sul piano economico si mostra brillante. Il taglio delle tasse servirebbe come l’aria all’Italia, ma non a debito e non temporaneo. Abbassare l’IVA per un periodo e annunciarlo con chissà quante settimane o mesi di anticipo spingerebbero le famiglie a rinviare i consumi di beni durevoli e/o non strettamente necessari (elettrodomestici, auto, prenotazioni alberghiere, etc.), al fine di approfittare dei più bassi prezzi attesi con la misura. Nel frattempo, le vendite rischiano di contrarsi, accentuando la crisi provocata dal “lockdown”.

Verso 200 miliardi di deficit

Una volta che la misura entrasse in vigore, il rischio per lo stato sarebbe di ottenere solamente un gettito ridotto e un flebile aumento dei consumi. Questo, perché molte famiglie potrebbero decidere semplicemente di anticipare gli acquisti di beni e servizi oggetto della minore imposizione. Anziché comprare un frigo a settembre, lo compro ad agosto, così spero di pagarlo meno con l’IVA ridotta.

Il commerciante venderà la stessa quantità di elettrodomestici, ma lo stato ci perderà in tasse versate. Insomma, nulla che possa smuovere in positivo l’economia, anche perché il cittadino tende a diffidare delle minori tasse a debito. Il rischio di un buco nell’acqua è enorme, anche perché siamo lo stesso Paese schizofrenico, che non più tardi di sei mesi fa parlava di aumentare l’IVA con le clausole di salvaguardia.

Infine, ai mercati piacerebbe un debito ancora maggiore per 8-9-10 miliardi e al solo fine di finanziare la propaganda del governo? Ieri, il Fondo Monetario Internazionale ha stimato il deficit per quest’anno al 12,7% del pil, che in valore assoluto equivarrebbe a circa 200 miliardi di euro, chiaramente al netto delle eventuali nuove misure di sostegno ai redditi che verrebbero varate dal governo da qui a fine anno e a debito. Troppi, non possiamo permetterceli. Viviamo in un clima surreale, per cui pensiamo che l’Italia abbia il via libera illimitato e incondizionato dei mercati e di Bruxelles ad ogni misura di spesa che le passi per la testa. Non è così e ogni euro preso a prestito oggi dovrà essere restituito tra qualche anno, quando gli interessi da pagare saranno verosimilmente molto più alti di quelli odierni.

Debito pubblico italiano e quel muro in autunno da 200 miliardi

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