Novità per i lavoratori dopo il Consiglio dei ministri dell’1 maggio. Il governo Meloni ha aumentato al 7% lo sgravio contributivo per i dipendenti con retribuzione annua lorda fino a 25.000 euro e al 6% fino a 35.000 euro. Ben quattro punti in più rispetto al taglio del cuneo fiscale già in vigore, il doppio di quanto ipotizzato con l’approvazione del Documento di economia e finanze (DEF) di aprile. L’extra costo della misura sarebbe sui 6 miliardi di euro. Già la busta paga di maggio dovrebbe diventare più pesante.

Si stimano fino a +98,5 euro al mese per retribuzioni di 35.000 euro, l’aumento in valore assoluto più alto. Tuttavia, in termini percentuali i maggiori beneficiari saranno coloro che guadagnano a ridosso dei 25.000 euro: +41 euro al mese.

Altra novità: esenzione fiscale dei fringe benefits fino a 3.000 euro all’anno, ma limitatamente ai lavoratori con figli a carico. E poi c’è la materia dei contratti a termine. Modifiche sono state apportate al cosiddetto “decreto Dignità” del 2018. Questo consente le assunzioni a tempo determinato solo fino a 12 mesi con la possibilità di estendere tale periodo a 24 mesi. Per periodi superiori ai 12 mesi le assunzioni restano possibili con l’apposizione di stringenti causali: esigenze temporanee e oggettive estranee all’attività ordinaria, sostituzione di lavoratori e incrementi significativi e imprevedibili dell’attività produttiva.

Con le modifiche apportate dal governo Meloni, i contratti a termine oltre 12 mesi saranno possibili nel caso di:

  • accordo previsto dai Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro, territoriali o aziendali;
  • per esigenze tecniche, organizzative e produttive;
  • per sostituzione di lavoratori.

Contratti a termine più flessibili dopo 12 mesi

Cosa cambia nel concreto rispetto ad oggi? I contratti a termine saranno consentiti anche nel caso in cui siano stati previsti da un accordo tra datori di lavoro e sindacati. In assenza di tali accordi, non è più necessaria la certificazione preventiva del contratto in una delle sedi di certificazione.

Praticamente, la legislazione lascia maggiore libertà alle parti. In teoria, i sindacati non dovrebbero essere granché scontenti di ciò. Invece, la CGIL di Maurizio Landini ieri ha annunciato una mobilitazione contro la “precarizzazione” del lavoro e ha attaccato anche il taglio del cuneo fiscale, definendolo “una presa in giro”.

E’ paradossale tutto ciò, visto che Landini sembra protestare contro sé stesso. Tant’è vero che le altre principali single del sindacato come CISL e UIL hanno usato toni molto più moderati. Il taglio del cuneo fiscale formalmente sarà in vigore fino a dicembre, ma il ministro Elvira Calderone ha dichiarato di lavorare per renderlo “strutturale”. A tale scopo, serviranno in tutto 10 miliardi di euro dal 2024. Esso serve a garantire buste paga più alte ai lavoratori, una necessità particolarmente avvertita in un periodo di così alta inflazione. Lo stato sta cercando di fare quello che i sindacati non riescono più a fare da decenni: garantire retribuzioni più adeguate.

Protesta assurda di Landini (CGIL)

Anziché prendersela con chi sta togliendogli le castagne dal fuoco, Landini dovrebbe recriminare contro il proprio stesso operato. Vero è che il sindacato non può fare miracoli in una situazione economica sfavorevole. Ma che esso in Italia si sia arroccato nella difesa delle categorie più “privilegiate” come i dipendenti pubblici, abbandonando il resto dei lavoratori a sé stessi, non è bestemmia affermarlo.

E sui contratti a termine, l’ipocrisia regna sovrana. Come si evince dalla succinta sintetizzazione della materia, l’ammorbidimento riguarda le causali, cioè i contratti stipulati per periodi superiori ai 12 mesi. Questi incidono appena per il 2,5% del totale. Su 100 lavoratori assunti a tempo, 98 non arrivano ad un anno. Landini protesta per proteggere la categoria dei lavoratori a termine più “fortunata”, dimenticando che il suo stesso sindacato ha avallato in tutti questi anni le assunzioni anche solo per un giorno senza alcun controllo.

Taglio cuneo fiscale contro stipendi in caduta libera

Del resto, Landini è lo stesso che da mesi tuona contro la legge Fornero, dimenticando che essa entrò in vigore nel lontano 2012 con l’assenso proprio della CGIL che oggi guida, oltre che degli altri sindacati. Insomma, scarsa credibilità di chi inscena sui palchi dell’1 maggio invettive contro il governo per raccattare consenso, ma che sono lo specchio della propria incapacità di fare il proprio mestiere. Un sindacato serio si batte per aumentare le retribuzioni e difendere chi lavora. In Italia, i sindacati si mostrano agguerriti per difendere fannulloni e furbi sul posto di lavoro e non riescono a portare a casa aumenti degni di nota neppure con l’inflazione in doppia cifra.

L’ISTAT ne è testimone: rinnovi contrattuali medi dello 0,8% lordo nel 2022 contro un’inflazione dell’8,1%. E tra il 1990 e il 2020, stando all’OCSE, l’Italia è stato l’unico paese del mondo avanzato ad avere registrato un calo degli stipendi reali. Per l’esattezza, questi risultano essere diminuiti del 2,8%. Tutto ciò è accaduto sotto gli occhi vigili del grande sindacato italiano. Complimenti a Landini & Co!

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