Giovedì pomeriggio, il governo Scholz emette un comunicato per annunciare il varo di un maxi-piano da 200 miliardi di euro contro il caro bollette. Berlino rompe gli indugi e cerca così di reagire alla crisi del gas che sta travolgendo la sua economia. Nelle ore precedente, l’ufficio statistico federale Destatis pubblicava il dato sul tasso d’inflazione tedesco ad agosto: 10,9%. E l’istituto Leibniz paventava un crollo del PIL del 7,9% nel 2023 per il caso di un razionamento dei consumi di gas.

Giorni prima, poi, le esplosioni ai gasdotti Nord Stream 1 e 2 nel Mar Baltico avevano mandato in frantumi le residue speranze di una normalizzazione energetica europea nel medio termine.

Nel dettaglio, il piano del governo prevede l’imposizione di un tetto al prezzo del gas in bolletta sui consumi di base, mentre per i consumi eccedenti le famiglie pagherebbero ai prezzi di mercato. Non sono stati resi noti, comunque, i numeri esatti dell’iniziativa. In più, l’IVA sul gas scende dal 19% al 7% dall’1 ottobre fino al 31 marzo 2024. Sappiamo, invece, per bocca del ministro delle Finanze, Christian Lindner, che i 200 miliardi saranno ricavati dal piano inizialmente varato contro la pandemia. Non ci saranno nuovi debiti, ha voluto precisare il ministro, che ha anche distanziato Berlino da Londra, precisando di non voler percorrere la strada del governo Truss.

Draghi-Meloni per una soluzione europea

Il piano contro la crisi del gas ha mandato su tutte le furie il premier italiano uscente Mario Draghi, il quale ha scritto una nota per riaffermare l’esigenze di un piano europeo. Egli ha anche esternato la sua opposizione all’idea che gli stati si dividano sulla base dei differenti spazi di manovra fiscale dei governi nazionali. Una posizione sposata dalla premier in pectore, Giorgia Meloni, che subito dopo ha a sua volta emesso una nota per chiedere una soluzione europea al problema.

Il tetto al prezzo del gas nazionale della Germania suona più o meno così: “noi abbiamo i denari, voi arrangiatevi”. E per voi intendiamo il resto dell’Unione Europea, la cui unità è stata formalmente mandata in frantumi dall’iniziativa solitaria di Berlino. Come funziona il piano tedesco? Alle famiglie sarà fatto pagare un prezzo massimo per metro cubo di gas consumato, ma il fornitore pagherà la materia prima ai prezzi di mercato. La differenza la metterà lo stato.

In campagna elettorale, Meloni si era opposta all’idea del tetto nazionale al prezzo del gas, temendo distorsioni di mercato e sprechi di denaro pubblico a favore della speculazione. Un’idea evidentemente condivisa dallo stesso Draghi, che adombra proprio tali spettri nella sua nota. Le dichiarazioni di Draghi e Meloni saranno state anche concordate per evidenziare all’estero una posizione comune tra il governo uscente e il prossimo a guida di centro-destra.

Da crisi del gas a smantellamento dell’industria

La crisi del gas sta trasformandosi nella crisi d’identità dell’Unione Europea, contrariamente a quanto avvenuto con la pandemia. Due anni fa, la reazione fu unitaria tra PEPP della BCE e Recovery Fund della Commissione. Tanto bastò per tenere lontana la speculazione finanziaria. Invece, con la guerra russo-ucraina ciascuno stato continua a fare da sé, confidando in un qualche vantaggio competitivo rispetto ai partner del continente nella ricerca di fornitori e fonti di energia alternativi alla Russia.

La Germania risulta essere l’economia più colpita dalla crisi del gas, ma è anche quella che dispone di margini di manovra fiscale più ampi. Anziché attendere o assecondare una soluzione europea, ha preferito fare da sé. Forse, spera che così potrà salvaguardare la propria industria a discapito di quella degli altri stati. Perché in fondo stiamo parlando di questo.

Tutelare imprese e famiglie contro il caro bollette significa difendere la produzione nazionale. I paesi che non riusciranno a farlo per via di bilanci pubblici magri, vedranno smantellati pezzi di industria a favore di chi continuerà a produrre. Siamo al tutti contro tutti. L’Unione Europea non esiste, se non per puntare il dito contro chi ha problemi di bilancio.

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