Gli stipendi italiani sono più bassi di quelli europei. Anzi si parla di crescita di salari e  stipendi rispetto ai livelli pre crisi e la situazione italiana non sembra ottimale. Basandosi sulla crescita degli stipendi nell’Ue nel secondo trimestre del 2018, la differenza è netta: mentre nelle aziende private sono cresciuti, nel nostro paese si è registrata una crescita dimezzata in confronto.

Il confronto con Europa e Germania

Secondo i dati Eurostat su stipendi e salari mentre in Europa gli stipendi sono aumentati del 2,3% nel periodo aprile-giugno 2018 nel nostro paese l’aumento è stato pari a 1,6%.

E per il nostro paese c’è addirittura un saldo negativo del -1,7% guardando alla chiusura del 2017. Numeri molto diversi se raffrontati a quelli della Germania, che invece ha chiuso con un 2,2%.

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Le cause

Come scrive Il Sole 24 ore riportando i dati della Commissione, a livello europeo si è verificato un appiattimento della curva di Philips. Mentre la disoccupazione sembra calata somigliando maggiormente ai periodi pre crisi, gli stipendi sono rimasti simili. Le cause vanno ricercate, soprattutto, nella produttività a rilento, l’inflazione e alcune categorie di lavoratori esclusi dal mercato. La situazione italiana è piuttosto grave visto che la disoccupazione resta alta e gli stipendi non sono cresciuti.

Nella business economy si parla di un valore di 104,7 contro 110,2 dell’Eurozona, nella manifattura i dati riportano una cifra pari a 104,4 contro il 111,3 dell’Eurozona e il 114,4 della Germania. Il problema italiano resta sostanzialmente quello della disoccupazione che di conseguenza non aiuta alla crescita degli stipendi.

D’altronde basta guardare il recente rapporto Jp Salary Outlook 2018 dell’Osservatorio di JobPricing, secondo cui nel 2017 lo stipendio medio in Italia è stato pari a 29.380 euro lordi all’anno ossia 1580 euro netti a confronto del 2015 quando si parlava di 1560 euro netti.

Una crescita irrisoria che si differenzia anche in base alla geografia: da Nord a Sud i salari vanno decrescendo. La situazione migliore resta in Trentino Alto Adige, Emilia Romagna e Lombardia contro i salari molto più bassi di Molise, Calabria e Basilicata.

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