Nella seduta di ieri, la sterlina inglese ha toccato i massimi contro l’euro dal 2016, cioè da subito dopo che fu celebrato il referendum sulla Brexit a giugno. Scambiava a 1,20, cioè un euro nelle scorse ore comprava poco più di 0,83 sterline. E resta super il franco svizzero, che scambia contro l’euro sotto 1,04, sempre ai massimi dal 2015, quando la Banca Nazionale Svizzera (BNS) annunciò l’abbandono del cambio minimo. Su base annua, la valuta di Sua Maestà guadagna il 6,5% contro la moneta unica, mentre quella elvetica segna un rialzo di circa il 3,5%.

A trascinare la sterlina inglese vi è l’aspettativa del mercato per un nuovo rialzo dei tassi da parte della Banca d’Inghilterra. A dicembre, l’istituto alzò il costo del denaro da 0,10% a 0,25%, un piccolo segnale per dimostrare la volontà di combattere l’inflazione. Nello stesso mese, questa è salita al 5,4%, il tasso più alto dal marzo 1992. Una nuova stretta appare ormai più che necessaria.

Franco svizzero super contro l’inflazione

A non avere problemi d’inflazione per il momento è, invece, la Svizzera. Qui, la crescita tendenziale dei prezzi a dicembre è rimasta stabile all’1,5%, pur ai massimi dal novembre 2008. E al board di dicembre, il governatore Thomas Jordan, pur continuando a definire il franco svizzero “sopravvalutato”, ha fatto intendere di vedere con favore all’apprezzamento del cambio, così da tenere all’infuori dei confini alpini proprio l’inflazione. Una possibile inversione di tendenza si registrerebbe nella seconda metà dell’anno, quando la BCE inizierà probabilmente a prospettare i tempi per il suo primo rialzo dei tassi dal 2011.

Negli ultimi anni, il mercato specula che la BNS abbia fissato un cambio informale di 1,05 contro l’euro. Ora che è stato violato, tuttavia, in molti credono che il nuovo riferimento minimo sia la parità di 1:1, al di sotto della quale l’istituto interverrebbe per evitare deflazione e contraccolpi alle esportazioni domestiche.

Quanto alla sterlina inglese, probabile che si sarebbe apprezzata anche di più se non fosse per la crisi politica in corso, con il governo di Boris Johnson che rischia di cadere sul party tenuto a Downing Street in barba alle proprie stesse regole imposte al paese con il lockdown contro il Covid.

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