Il prossimo campionato di calcio di Serie A inizia dal 19 settembre, ma i tifosi potranno seguire le partite sempre e solo dal divano di casa, così come da ormai quasi sei mesi. Gli stadi restano chiusi e non è ancora chiaro fino a quando. La riapertura estiva delle discoteche, se vogliamo, era stato un esperimento per testare la compatibilità tra assembramenti formalmente gestiti dagli stessi locali e le normative anti-Covid. Con Ferragosto il sogno di rivedere le partite dagli spalti si è allontanato di qualche mese, sempre che una seconda ondata di contagi non lo renda ancora più remoto.

Discoteche chiuse brutto segnale per il calcio, dagli stadi perdite per centinaia di milioni

Il calendario della Serie A è stato presentato la scorsa settimana e sappiamo già dalla seconda giornata ci saranno i cosiddetti “big match”, gli incontri tra le squadre più importanti del campionato. Il primo è tra Roma e Juventus allo Stadio Olimpico, il secondo alla terza giornata tra Juve e Napoli all’Allianz di Torino e quello tra Lazio e Inter a Roma. A seguire, troviamo Inter-Milan alla quarta, Milan-Roma alla quinta giornata, Juve-Lazio e Atalanta-Inter alla settima, Milan-Napoli all’ottava, Napoli-Roma alla nona, Inter-Napoli alla dodicesima, Juve-Atalanta alla tredicesima, Milan-Juve alla sedicesima, Roma-Inter alla diciassettesima e Inter-Juve alla diciottesima.

In ballo ci sono decine di milioni di euro. I soli incassi legati alle partite di Serie A nella stagione 2018/2019 sono stati pari a circa 300 milioni. I match clou riescono a fare incassare anche 5-6 milioni. Proprio un anno fa, Inter-Juve segnò un nuovo record assoluto per il nostro campionato con 6,5 milioni ai botteghini. Al Meazza accorsero ben 75 mila tifosi a seguire quella che allora apparve già la sfida scudetto.

Stadi riaperti ai soli abbonati?

Più il campionato sarà competitivo e maggiore l’afflusso potenziale dei tifosi agli stadi, almeno relativamente alle grandi squadre con probabilità non insignificanti di arrivare prime.

Esiste un’esigenza sanitaria conclamata di evitare assembramenti, ma anche quella dei club di incassare per non sprofondare nella crisi. E così, il presidente del CONI, Gianni Malagò, nei giorni scorsi ha proposto di consentire l’accesso ai soli abbonati. Sarebbe una soluzione capace anche di spingere le campagne abbonamento delle società, dato che in pochi stanno volendo sborsare centinaia di euro senza nemmeno sapere quante e quali partite casalinghe potranno seguire.

L’idea sarebbe di limitare gli ingressi rispetto alla capienza massima di ciascuno stadio, ma il punto è che fuori dall’impianto si creerebbero inevitabili assembramenti. E, soprattutto, il virus non circolerebbe tra 20 mila persone, pur un minimo distanziate tra loro? In Premier League hanno impedito i cori, perché gli esperti hanno accertato che cantare o urlare diffonderebbe il virus con maggiore frequenza, attraverso gli ormai famosi “droplets”, quelle goccioline di saliva che le mascherine, in teoria, dovrebbero essere capaci di trattenere.

Il campionato, come ogni anno, avrà due interruzioni in autunno, legate alle partite che dovrà disputare la Nazionale per qualificarsi ai Mondiali in Qatar del 2022. La prima avverrà dopo la terza giornata in ottobre, la seconda dopo la settimana a inizio novembre. C’è già chi ipotizza che uno dei due stop sarà il momento opportuno per far propendere il governo a riaprire gli stadi, magari tra tante cautele. Non gioca a favore di una soluzione immediata il vento contrario dell’opinione pubblica. Così come per le discoteche, gli italiani ritengono che il pallone non valga il rischio. In troppo dimenticano cosa vi sia in gioco, ma tant’è.

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