Che gli stipendi di giocatori e allenatori nelle società di calcio siano alti, è qualcosa che l’uomo della strada racconta da fin troppo tempo. Fa parte della vulgata e perlopiù riflette le distanze con i livelli retributivi dei lavoratori comuni. Ma che ultimamente la situazione sia sfuggita di mano, appare sempre più indubbio.

In questi giorni, il Tottenham ha ufficializzato l’arrivo in panchina di Antonio Conte al posto di Nuno Espirito Santo, esonerato dopo avere perso 3 delle ultime 5 partite, facendo restare la squadra a soli 15 punti dopo 10 giornate di Premier League.

L’italiano ha firmato un contratto fino al 30 giugno 2023 e per la bellezza di 15 milioni di sterline a stagione, qualcosa come 17,6 milioni di euro. Peccato per l’Inter, però, che non risparmierà un solo centesimo sulla liquidazione riconosciuta al suo ex tecnico dopo l’addio di pochi mesi fa.

Stipendi calcio, Conte ha fregato l’Inter?

Conte lasciò i nerazzurri dopo avere vinto lo scudetto e ottenendo una buonuscita di 11 milioni lordi, pari a 7,5 milioni netti. La società ha così evitato di pagargli l’intera retribuzione prevista per l’ulteriore anno di contratto, pari a 25 milioni lordi e a 13 milioni netti. C’è una clausola, in base alla quale l’Inter non avrebbe pagato le rate residue della buonuscita solo nel caso in cui Conte fosse stato assunto da un’altra società di calcio della Serie A. Il Tottenham stesso aveva alla fine della stagione scorsa contattato Conte per proporgli la panchina, ma allora ricevette un rifiuto per via della scarsa convinzione sul valore della rosa. Che l’italiano si sia fatto due conti e abbia preferito prima portare a casa la buonuscita, salvo andare ad allenare ugualmente la squadra londinese dopo qualche mese?

E così, il tecnico si ritrova a percepire per questa stagione qualcosa come quasi 18 milioni a Londra e altri 7,5 in Italia, per un totale di circa 25 milioni netti.

E dire che l’Inter ha chiuso il bilancio 2020/2021 con un maxi-deficit di 245,6 milioni, il più alto di sempre nella storia della Serie A. Di problemi finanziari non ne avrà il PSG grazie ai fondi smisurati del fondo sovrano qatariota che lo controlla. E, tuttavia, si vocifera che in questi giorni l’emiro Al Thani abbia espresso profondo disappunto circa l’ingaggio di questa estate dell’ex difensore del Real Madrid, Sergio Ramos. Finora non ha giocato una sola partita con la maglia parigina, nonostante fosse stato annunciato come uno dei grandi acquisti di questa stagione. Problemi molto più seri del previsto al polpaccio hanno spinto Mauricio Pochettino a non convocarlo neppure per una partita.

Ma il PSG sborsa 15 milioni netti all’anno per Ramos, per un totale netto di 30 milioni per le due stagioni previste da contratto. Troppo anche per l’emiro, che medita un clamoroso licenziamento. La situazione è diventata così imbarazzante, che lo stesso giocatore starebbe pensando a ritirarsi dal calcio.

La panchina “blindata” di Allegri alla Juventus

Tornando alla Serie A, se l’Inter piange sul latte versato, la Juventus certamente non ride. In campionato, sta disputando un inizio di stagione tra i più disastrosi della sua pur gloriosa storia. 15 punti in 11 partite e a -16 dalla vetta sono un’onta inaccettabile per la società bianconera. Eppure, Massimiliano Allegri non rischierebbe affatto la panchina, vuoi per una consolidata fiducia nei suoi confronti ai vertici, vuoi anche per l’impossibilità di esonerarlo per via dell’alto costo che tale scelta comporterebbe. Allegri ha firmato un contratto di 4 anni per 7 milioni netti a stagione. Mandarlo a casa ora significherebbe dovergli corrispondere più di 50 milioni lordi. E anche qualora le parti trovassero un compromesso, la buonuscita che il toscano si porterebbe a casa sarebbe non troppo lontana dalla cifra che incasserebbe lavorando.

E la Juventus ha chiuso l’ultimo bilancio con una maxi-perdita di circa 210 milioni. In rosa ha ben 11 calciatori con stipendi netti pari a 5 milioni o più e che incidono per complessivi 110 milioni a stagione. E tutto per ottenere risultati a dir poco disastrosi. Ma “pacta sunt servanda”, dicevano i romani. I contratti si onorano, costi che quel che costi. Le clausole sono siglate quasi sempre molto a favore di giocatori e allenatori, che assistiti da procuratori sempre più onnipotenti, si “blindano” per tutto il tempo del contratto e raramente possono essere licenziati sulla base degli scarni risultati. In un’impresa ordinaria, tuttavia, ciò non accadrebbe, almeno non nella stessa frequenza. Il calcio si è trasformato in un mondo dorato e affollato di talenti spesso solo presunti, i quali, una volta apposta la firma per l’ingaggio, nulla sono tenuti a dimostrare per portare a casa il lauto stipendio. E le società annegano nei debiti e piangono miseria.

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