E ci dispiace per tutti coloro che non riescono, o non vogliono, vedere i molteplici vantaggi dello smart working, ma i dati parlano chiaro: lo smart working è qui per restare. Secondo il report presentato questa settimana dall’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano il graduale rientro in ufficio non segna in generale un declino dello smart working, al contrario si prevede che il numero degli smart worker aumenterà rispetto ai numeri registrati a settembre raggiungendo un totale di 4,38 milioni i lavoratori che opereranno almeno in parte da remoto (+8%).

La modalità di lavoro ibrida, in parte in presenza in parte a distanza, sembra essere la preferita dalle organizzazioni per la capacità di conciliare flessibilità con l’intento di preservare la cultura aziendale consentendo il raggiungimento di un equilibrio tra sfera privata e sfera lavorativa. Nel complesso la diffusione dello smart working – dice lo studio –, seppure emergenziale, ha avuto un impatto positivo sui lavoratori: per il 39% è migliorato il proprio work-life balance, il 38% si sente più efficiente nello svolgimento della propria mansione e il 35% più efficace, secondo il 32% è cresciuta la fiducia fra manager e collaboratori e per il 31% la comunicazione fra colleghi. Rinunciare in toto a questi risultati sarebbe semplicemente poco strategico in considerazione del fatto che, oggi, benché il mercato del lavoro non goda di particolare sprint, i lavoratori sono disposti a rimettersi in gioco lasciando spontaneamente la propria occupazione attuale qualora non più in linea con le proprie esigenze.

People first

Proprio l’incapacità di saper leggere queste esigenze è alla base del turnover aziendale che McKinsey prevede coinvolgerà il 40% dei lavoratori pronto a lasciare il posto nei prossimi 3-6 mesi. “Se gli ultimi 18 mesi ci hanno insegnato qualcosa – scrivono i ricercatori−, è che i dipendenti bramano investimenti negli aspetti umani del lavoro. I dipendenti sono stanchi e molti sono in lutto.

Vogliono trovare un nuovo scopo nel lavoro. Vogliono connessioni sociali e interpersonali con i loro colleghi e manager. Vogliono provare un senso di identità condivisa. Sì, vogliono retribuzione, benefici e vantaggi, ma più di questo vogliono sentirsi apprezzati dalle loro organizzazioni e dai loro manager. Vogliono interazioni significative, anche se non necessariamente di persona”. Insomma, si invertono i termini: da vivere per lavorare a lavorare per vivere, e la persona riconquista la sua centralità. Prese di posizione sorde dovranno prima o poi necessariamente confrontarsi con queste previsioni se non si vuole assistere ad un drastico calo dell’employee retention, ovvero la capacità delle organizzazioni di trattenere le proprie risorse, con tutte le conseguenze connesse.

Smart Working Award 2021: aziende che guardano al futuro

La presentazione del report sullo smart working è stata l’occasione per premiare alcune realtà che si sono distinte per capacità di innovare le modalità di lavoro grazie ai loro progetti di smart working restituendo alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Le aziende che hanno ricevuto lo Smart Working Award 2021 sono: Cameo e ING Italia fra le grandi imprese, Net insurance e Webranking fra le PMI, Banca D’Italia e Inail nella categoria PA.

La strategia smart working di ING Italia all’insegna della super-flessibilità

Super-flessibilità è la parola d’ordine che governa la strategia smart working messa in campo dal gruppo bancario con DNA olandese già nel mese di agosto 2020 (prima di ripiombare nel secondo lockdown). Ai lavoratori di Ing Italia è stata garantita massima libertà di scelta su come organizzare il proprio lavoro in base alle esigenze personali e professionali. Questo significa la possibilità di scegliere se lavorare da casa 5 giorni su 5, alternare casa e ufficio, recarsi in ufficio sempre o solo anche un giorno al mese per incontri importanti.

A sostegno di questa scelta l’esperienza positiva del lavoro da remoto dei mesi precedenti e, punto fondamentale, una survey interna che ha mostrato come il 90% dello staff si sentisse “pronto per lavorare in smart working a super-flessibilità”, il 55% “più produttivo lavorando da casa” e il 72% in grado di “conciliare meglio vita privata e lavoro”.

L’accordo, concertato con la rappresentanza sindacale, prevedeva inoltre: diritto alla disconnessione in determinate fasce orarie per un ottimale equilibrio tra vita professionale e personale; contributo economico mensile in welfare e rimborso per lo “shopping da smart worker professionista” per chi decide di lavorare da casa; momenti-chiave di socialità sia virtuali che di persona, per coltivare le relazioni tra colleghi ed alimentare la cultura di squadra, stimolare il confronto, lo scambio di idee e mantenere vivo lo spirito aziendale; formazione per preparare al meglio tutto lo staff, gestori di risorse e non, puntando sulla fiducia e sul lavoro per obiettivi.

Leggendo di queste esperienze le aspettative di chi crede fermamente che nuove modalità di lavoro siano possibili sono sempre più alte.