Il decreto proroghe approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 29 aprile ha abolito l’obbligo per la Pubblica Amministrazione di imporre lo smart working ad almeno il 50 per cento dei dipendenti pubblici. Flessibilità e autonomia sono le due parole d’ordine pronunciate dal ministro Renato Brunetta.

Smart working, il limite al 50% per i dipendenti pubblici abolito

Da un lato, infatti, il Governo cerca una “flessibilità coerente con la fase di riavvio delle attività commerciali che stiamo vivendo”, dall’altra parte, invece, “la piena autonomia organizzativa degli uffici”.

E se alcuni giudicano la nuova misura limitativa in merito all’utilizzo dello smart working come modalità di lavoro per i dipendenti pubblici, non è dello stesso avviso il ministero della Pubblica amministrazione, che anzi rilancia.

Secondo l’esecutivo Draghi la nuova norma spinge gli uffici delle Pa “al rispetto dei principi di efficienza, efficacia e customer satisfaction”, mentre fino ad oggi la legge imponeva di rispettare rigidamente il limite del 50 per cento senza tenere in considerazione “la situazione dei singoli uffici”.

Rinvio della definizione del lavoro agile alla contrattazione collettiva

Un’altra novità è il rinvio della definizione dello smart working alla contrattazione collettiva. A tal proposito, però, sottolineiamo che per la Pubblica amministrazione rimane valida la deroga fino al 31 dicembre di quest’anno, grazie alla quale i datori di lavoro possono avvalersi dell’articolo 87 del decreto legge numero 18 dello scorso anno che regola le modalità semplificate dello smart working. Si tratta di una differenza significativa rispetto al mondo del lavoro privato, dove la proroga dovrebbe valere fino al 30 settembre (sempre di quest’anno, ndr).

Per quanto riguarda invece il Pola (Piano organizzativo del lavoro agile), il decreto dello scorso 29 aprile riduce dal 60 al 15 per cento l’attività da svolgere in smart working, ma allo stesso tempo lo mantiene a regime.

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