Le economie avanzate sembrano pervase da una crescente cultura anti-fumo, che spinge sempre più i governi a limitare il raggio di azione dell’industria del tabacco, ampliando i casi di divieto di fumare e riducendo o azzerando le opportunità di pubblicizzare i prodotti venduti. La crociata anti-fumo piuttosto vigorosa in tutto l’Occidente costringe i big del settore a cambiare obiettivo, ovvero a spostarsi verso quelle economie dai controlli meno rigidi o dove risulta più possibile sfuggirvi. Una di queste è l’India, uno sterminato sub-continente da 1,3 miliardi di abitanti al mondo, il secondo paese più popolato dopo la Cina e che tra qualche decennio dovrebbe attestarsi al primo posto.

Qui, i fumatori sono “solo” 100 milioni, per cui le potenzialità sono elevate per l’industria del tabacco in questa economia ancora oggi relativamente povera. Poiché fumare è un vizio che si prende da giovanissimi, le società produttrici starebbero attuando una campagna di sensibilizzazione per gli indiani di età compresa tra i 18 e i 24 anni. Sotto i 18 anni, infatti, non è possibile acquistare le sigarette in India.

Sigarette gratis per i giovanissimi

Senonché, i controllori pubblici si sono accorti che grandi marchi come Philip Morris reclamerebbero la vendita di sigarette nei chioschi, luoghi piuttosto affollati e frequentati dai più giovani, arrivando a offrirle gratis in eventi organizzati, in modo da fare entrare in contatto con il fumo nuovi potenziali clienti. (Leggi anche: Fumatori giovani e poveri nuovo target dell’industria del tabacco)

Tali pratiche, secondo le leggi indiane, sarebbero vietate, tanto che a maggio è stata inviata una lettera alla Philip Morris, così come anche ad altre società concorrenti, nella quale si chiedeva loro di cessare immediatamente la pubblicizzazione di tabacco, non essendo conforme alle leggi. Formalmente, i big del settore hanno sostenuto la legittimità di tali azioni, spiegando che la pubblicità dentro i punti vendita sarebbe consentita.

Le strategie per entrare nei polmoni dei più giovani

In realtà, Nuova Delhi è stata la prima firmataria dei 181 paesi al mondo ad avere sottoscritto il piano di controllo del fumo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2004 e il Ministero della Salute indiano nel 2005 emanò un decreto, con cui vietava la reclamizzazione dei marchi, consentendo solamente alle attività autorizzate di segnalare la vendita di prodotti da tabacco con cartelli espositivi dalla superficie non superiore a 60 x 45 centimetri e sui quali deve essere riportata un monito anti-fumo. Sin dall’introduzione di tale divieto è stata battaglia legale con l’industria del tabacco, tanto che la norma viene fatta rispettare solamente da qualche anno.

L’agenzia Reuters è entrata in possesso di documenti commerciali della Philip Morris per oltre un centinaio di pagine, nei quali ha potuto leggere le strategie di marketing messe in atto tra il 2009 e il 2016. In essi si legge, ad esempio, che per un giovane deve essere possibile comprarsi sempre le sigarette in un arco di spazio ristretto e da poter coprire a piedi. Anche grazie a queste iniziative, la quota di mercato della società negli anni è quadruplicata, nonostante l’80% sia ancora detenuto da ITC, partecipata dalla British Tobacco.

Sembra che le strategie pianificate per l’India e gli altri mercati emergenti siano le stesse messe in pratica negli USA fino a qualche decennio fa, consistenti nel legare la vendita delle sigarette a locali notturni e luoghi di aggregazione per giovani, che fungono da sponsor. (Leggi anche: Giornata mondiale senza fumo)

Battaglia tra India e industria tabacco

Che il nuovo target dell’industria del tabacco siano i giovanissimi dei paesi più poveri non è certo una novità e cinicamente parlando appare del tutto comprensibile che ciò accada, essendosi dotate le economie più ricche e maggiormente consapevoli delle conseguenze nocive del fumo di legislazioni restrittive, da ultima la vendita dei pacchetti di sigarette listati a lutto e senza la sponsorizzazione del marchio, in modo da inibirne l’appeal.

(Leggi anche: Sigarette, immagini shock sui pacchetti)

Si calcola che in India muoiano ogni anno 900.000 persone per malattie legate al fumo, mentre i costi per l’economia nazionale ammonterebbero a 16 miliardi. Eppure, Nuova Delhi non sembra avere intenzione di fare parte di quella cerchia di paesi nel mirino dei giganti del tabacco, puntando a imitare le norme stringenti dei paesi più avanzati. Fa troppa gola, però, uno stato che da solo rappresenta oggi quasi un quinto della popolazione mondiale e in cui i fumatori appaiano percentualmente bassi. Ci sono tutti i presupposti per una bella lotta tra autorità pubbliche e venditori di fumo, con questi ultimi decisi a non soccombere a un mondo “smoking-free”.