Ha perso circa un quarto del suo valore in poche ore e a metà giornata di oggi recuperava solo parzialmente le perdite, risalendo in area 34.600 dollari. Bitcoin è sceso decisamente dai massimi storici dei 40 mila dollari toccati nei giorni scorsi, pur restando in rialzo di oltre il 20% da inizio anno e del 325% in un anno. Le vendite hanno riguardato un po’ tutto il mondo delle “criptovalute”, la cui capitalizzazione complessiva è arrivata a scendere di 170 miliardi. Una correzione quasi scontata, pur apparentemente destinata a rinvigorire il rally dei prezzi, attesi fino a 100 mila dollari entro la fine di quest’anno.

Secondo JP Morgan, potrebbero arrivare a 146 mila dollari, pur non stabilmente, almeno non nel breve periodo.

Ma estrarre un’unità di Bitcoin richiede ingenti consumi di energia, quanto quelli di una famiglia italiana in un paio di anni. Si è calcolato che nel 2020 il “mining” della principale moneta digitale abbia consumato energia elettrica in quantità maggiore di tutto il Pakistan, cioè 92,8 terawatt/ore. Dunque, si pone un problema di impatto ambientale per i Bitcoin, paradossalmente uguale a quello che si ha per il monopattino.

Bitcoin provoca inquinamento? La soluzione potrebbe arrivare dalla Scandinavia

Lo scorso anno, attingendo ad appositi fondi europei, il governo italiano erogò quello che venne ribattezzato dalla stampa il bonus “monopattino”, più in generale a favore della mobilità sostenibile. Un modo, nelle intenzioni di Palazzo Chigi, per sfoltire il traffico urbano nelle grosse città e nelle settimane di graduale ritorno alla normalità dopo il “lockdown” contro il Covid. Ebbene, uno studio di Arcadis, società di progettazione e consulenza urbana, ha trovato che il monopattino risulterebbe inquinante quasi quanto un’auto con motore a combustione con 3 persone a bordo.

Monopattino inquinante quanto le auto, forse di più

Secondo lo studio, un monopattino in sharing, cioè condiviso, emetterebbe 105,5 grammi di CO2 per ogni km percorso, 5 in meno di soltanto rispetto a un’auto con 3 persone a bordo (111) e 2,5 in più di un’auto elettrica con una sola persona a bordo (103).

Qual è il problema? I monopattini vengono prodotti perlopiù in Asia, dove le emissioni inquinanti risultano superiori. Per trasportarli nelle città, poi, servono i furgoni, altro mezzo inquinante. Le società di sharing sono costrette con frequenza a prelevarli, ricaricarli e sostituirli. E bisogna considerare, infine, che il ciclo di vita medio di appena 18 mesi sia estremamente basso.

C’è di più, ovvero la sensazione che il monopattino non venga usato come mezzo alternativo alla mobilità tradizionale, cioè alle auto o agli scooter, ma semplicemente per coprire le brevi distanze che generalmente si percorrono a piedi. Se questo dubbio si rivelasse reale, le emissioni inquinanti nel mondo non solo non diminuirebbero, ma aumenterebbero per effetto proprio dell’utilizzo del monopattino.

Perché lo abbiamo messo a confronto il Bitcoin? Per dimostrare in maniera anche un po’ semplice, ma evidente, che la modernità non risolve in maniera così automatica i problemi della sostenibilità ambientale come siamo portati a credere a seguito di vari movimenti di opinione. Le Greta Thunberg di turno non posseggono spesso elementi di valutazione sufficienti per analizzare la complessità della portata di quella che a primo acchito sembra essere un’innovazione efficiente in termini di impatto sui consumi energetici e, quindi, riduttiva delle emissioni inquinanti. E lo stesso web inquina, per quanto sostituisca molte scartoffie. Presuppone, infatti, un uso più intensivo dell’energia elettrica, la cui produzione avrà sempre un certo impatto sull’ambiente. L’analisi benefici-costi, insomma, non è mai così scontata come crediamo.

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