Nelle ultime due settimane, il prezzo del petrolio sui mercati internazionali è sceso del 10%. Oggi, si attesta sotto i 79 dollari per un barile di Brent. Ciononostante, il quotidiano finanziario americano Bloomberg prevede che la Russia torni ad accumulare riserve valutarie con acquisti di yuan per la prima volta dall’invasione dell’Ucraina. Non potendo (e volendo) più accedere ai dollari USA, Mosca punterebbe inizialmente ad acquisti simbolici per un controvalore in valuta cinese pari 200 milioni di dollari. Un modo per segnalare al resto del mondo che starebbe riuscendo a contrastare efficacemente le sanzioni alla Russia comminate da Europa e Nord America.

In Asia vi sono grossi movimenti in corso, che stanno beneficiando altre due grandi economie: Cina e India.

Le sanzioni alla Russia vietano gli acquisti di greggio sopra 60 dollari al barile. Da mesi Mosca vende a forte sconto il petrolio a Cina e India per sottrarsi all’embargo europeo. In particolare, Nuova Delhi quasi non importava barili russi prima della guerra. Adesso, la media risulta salita sopra 1,6 milioni di barili al giorno. E fatto ancora più curioso, è diventata la prima fornitrice di petrolio raffinato all’Europa con 360.000 barili al giorno, sorpassando clamorosamente l’Arabia Saudita.

Cosa sta succedendo di preciso? Non è che l’India si sia messa a trivellare qua e là e abbia scoperto enormi pozzi petroliferi nel suo sottosuolo. Semplicemente, sta approfittando delle tensioni geopolitiche per trasformarsi in un hub mondiale di energia. Avete presente quel boom di importazioni di greggio dalla Russia? Ecco, in parte queste alimentano le esportazioni verso il Vecchio Continente. Le sanzioni alla Russia sono aggirate sotto gli occhi e il consenso di tutti, compresi i sanzionatori. Non compriamo più petrolio da Mosca, ma in cambio lo accettiamo da Nuova Delhi, che a sua volta lo compra sempre da Mosca. La classica fregatura.

Sanzioni Russia boomerang con bluff

E’ il gioco delle tre carte per ammantare di ipocrisia un embargo solo fittizio.

Solo che a rimetterci siamo proprio noi clienti europei. Tutto questo giro di petrolio in Asia ha un costo in termini di maggiori spese di trasporto. Inoltre, stiamo finendo per perdere ulteriore competitività con colossi rivali come Cina e India, i quali comprano petrolio russo a forte sconto anche di 30-35 dollari al barile. Per produrre merci, quindi, un’azienda cinese o indiana spende molto meno in energia che un’azienda europea. Al netto di tutti gli altri costi, ciò equivale a darsi una martellata alle ginocchia.

La stessa Arabia Saudita sta importando petrolio russo per rivenderlo all’Europa, chiaramente intascandosi la differenza. Si calcola che l’India in aprile abbia importato oltre 2 milioni di barili al giorno dalla Russia. Un fenomeno che sta contribuendo a rilanciare le prospettive economiche per il subcontinente asiatico. C’è molto ottimismo attorno ai tassi di crescita del PIL indiano nel prossimo decennio. Se la Cina sta già rallentando da qualche anno, l’India sta accelerando. Era rimasta indietro, ma adesso sta sfruttando i suoi vantaggi competitivi, compresa una popolazione ancora molto giovane, per recuperare il gap.

Per quest’anno, ad esempio, il Fondo Monetario Internazionale stima un +5,2% per la Cina dopo la fine delle restrizioni anti-Covid e un +5,9% per l’India. Per l’anno prossimo, previsti rispettivamente +4,5% e +6,3%. Sul piano geopolitico, il governo di Narendra Modi sta tenendosi equidistante dai due blocchi venutisi a creare con la guerra in Ucraina. Non appoggia l’intervento militare russo, ma allo stesso tempo non partecipa alle sanzioni contro la Russia. E, soprattutto, sta sfruttando le potenzialità emergenti dal conflitto con l’Occidente e dal “reshoring” ai danni della Cina. Ma un’India fornitrice di petrolio all’Europa non la avevamo immaginata.

Ennesimo colpo di scena di un teatrino dal biglietto carissimo per chi è obbligato ad assistervi.

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