Le sanzioni UE contro la Russia saranno estese di altri sei mesi. Lo ha lasciato intendere senza margine di incomprensioni la responsabile della Politica estera di Bruxelles, Federica Mogherini, che in un’intervista al quotidiano tedesco Die Welt ha spiegato come tali misure punitive siano legate al mancato rispetto dell’accordo di Minsk, quello di pace voluto fortemente da Germania e Francia. Un alto funzionario di Berlino ha confermato che l’Ucraina farebbe la sua parte, mentre la Russia continuerebbe ad essere d’ostacolo.

Dunque, le sanzioni dovrebbero essere prorogate di altri sei mesi, quando scadranno a luglio e stavolta non ci si aspetta, spiega un funzionario europeo, alcuna opposizione “drammatica”, nemmeno da parte del premier Matteo Renzi, che era stato a dicembre tra coloro che avevano maggiormente espresso dubbi.

Europa divisa, ma unanimità non a rischio

I paesi nettamente schierati per le sanzioni sono Regno Unito, Polonia, Svezia e paesi baltici, quelli più contrari Italia, Grecia, Cipro, Ungheria e Bulgaria. Gli schieramenti rispecchiano per lo più interessi geo-politici differenti: i paesi confinanti con la Russia temono di fare la fine dell’Ucraina, ovvero di essere smembrati da Mosca, mentre altri, specie del Sud Europa, vorrebbero mantenere integri i rapporti commerciali, avendo un interscambio non indifferente con l’economia russa. Ma già al meeting di aprile tra Germania, Francia, Italia, Regno Unito e USA, Renzi si sarebbe mostrato critico verso la politica di Vladimir Putin, segnalando una minore opposizione alla comminazione di nuove sanzioni. In realtà, il fronte del “no” è politicamente debole, per cui l’unanimità richiesta per prorogare le misure non dovrebbe essere un problema.

     

Perché Italia e Grecia non alzeranno la voce

Gli unici due leader, che in teoria potrebbero metterla in discussione sarebbero Renzi e Alexis Tsipras, ma entrambi sono o saranno presto accontentati su altri fronti.

In particolare, Roma difficilmente creerà una frattura politica così rilevante in seno alla UE, dopo avere incassato un assegno di quasi 14 miliardi di euro, grazie alla “flessibilità” concessa dalla Commissione europea sui conti pubblici di quest’anno. Niente è gratis in politica e questo lo sa benissimo anche il nostro premier, che al voto sulle sanzioni non potrà che accodarsi agli altri leader europei, anche perché passi in avanti da parte di Mosca non ne sono stati compiuti sull’occupazione della Crimea. Lo stesso vale per la Grecia, che in queste settimane sta trattando con il resto dell’Eurozona sia le misure necessarie per ottenere la prossima tranche di aiuti da 9 miliardi, sia una ristrutturazione del debito pubblico nelle mani dei governi dell’area, pari a oltre 200 miliardi. Atene non è affatto nelle condizioni di alzare la voce e di irritare alcuno in Europa. Anzi, sa che la Germania sta mostrandosi ben più paziente di quanto non voglia, vista l’emergenza profughi che sta colpendo, in particolare, proprio le isole elleniche, oltre agli altri problemi in atto nel Vecchio Continente.