Lo scambio di battute tra Matteo Salvini e l’omologo ministro lussemburghese Jean Asselborn al vertice sui migranti di Vienna è stata l’occasione per rendere ancora più plastica la divisione in seno alla UE tra sostenitori dell’accoglienza e fautori della linea dura, ma soprattutto per fare emergere lo scontro sempre più duro tra sinistra europea da un lato e il mondo “sovranista” dall’altro. Asselborn ha gettato benzina sul fuoco dopo l’incontro, sostenendo in un’intervista che “Salvini usa gli stessi metodi dei fascisti anni Trenta”.

Per tutta risposta, il ministro dell’Interno italiano lo ha definito “un ignorante”. Cosa c’è dietro all’ennesimo attacco di un qualche esponente europeo all’indirizzo del governo giallo-verde e, in particolare, del leader della Lega? Pochi giorni prima era stato il solitamente accomodante commissario agli Affari monetari, Pierre Moscovici, a dichiarare che “in Italia esistono tanti piccoli Mussolini”. Qual è stato il senso di dichiarazioni con un evidente effetto polemico sul dibattito politico nella UE?

Come Salvini diventerà un prezioso alleato dell’Europa di Frau Merkel

Per capirlo, bisognerebbe guardare alle identità di chi questi attacchi contro Salvini li sferra. Sia Asselborn che Moscovici sono esponenti socialisti, quel mondo di sinistra, che alle prossime elezioni europee sarebbe spazzato via dal crollo ulteriori dei consensi. In Francia, i sondaggi li danno al 4% come in Grecia con il Pasok, in Germania sarebbero finiti in area 16-18% e alla pari con la destra euro-scettica, mentre in Italia vengono rappresentati dal PD, che non andrebbe oltre il 15%. Per il momento, unica reale consolazione è il Portogallo con un governo “rosso-rosso” apparentemente molto popolare, seppure su posizioni ostili all’austerità fiscale. Per il resto, persino in Scandinavia c’è aria di crisi per la sinistra, come segnala tra l’altro l’esito delle elezioni in Svezia di pochi giorni fa.

Salvini si è già beccato una copertina del “Time” con tanto di “il nuovo volto dell’Europa”. Piaccia o meno, tutti gli riconoscono una leadership non solo in Italia, ma anche sul piano europeo. E scusate se è poco! L’Italia è stata ai margini dei processi politico-decisionali negli ultimi decenni, ha subito sostanzialmente gli eventi e non vi ha impresso alcunché di suo. Adesso, la musica sarebbe già cambiata e proprio alla rivista americana il nostro ministro dell’Interno e vice-premier spiega il suo obiettivo: “ho deciso di cambiare l’Europa dall’interno” e “punto a un’alleanza tra popolari e sovranisti” che escluda i socialisti dalla governance di Bruxelles. Fermi tutti: Salvini non vuole sfasciare le istituzioni europee come un “barbaro” alla conquista di Roma, bensì rimodellarle su un nuovo modello politico, che espugni la sinistra dalla co-gestione del potere e consenta a una realtà di destra alternativa (la famosa “alt-right” di cui si parla da tempo) di portare finalmente il proprio contributo fattivo e non più solo critico.

Il piano Weber

Dunque, se le elezioni europee del maggio prossimo andassero come oggi si prevede, la sinistra crollerebbe in termini di voti e seggi all’Europarlamento, il PPE scivolerebbe un po’ e i sovranisti avanzerebbero. Nel frattempo, Emmanuel Macron cercherebbe di ravvivare i liberali dell’Alde, ma in Francia il suo Republique en Marche! non andrebbe oltre il 20-21% e gli ultimi sondaggi gli assegnano un tasso di approvazione di appena il 19%, praticamente peggio di quanto in questa fase performasse lo stesso François Hollande, che potremmo considerare pietra di paragone per tutto quello che esiste di impopolare. A quel punto, il PPE guidato con ogni probabilità da Manfred Weber, il bavarese braccio destro della cancelliera Angela Merkel, avrà dinnanzi a sé due alternative: scegliere di diventare presidente della Commissione alleandosi con socialisti e liberali per conquistare la maggioranza a Strasburgo o guardarsi a destra e stringere un’alleanza più naturale con i sovranisti.

I temi di incontro sarebbero immigrazione, famiglia e sussidiarietà (alias, maggiore peso ai governi e minori alle istituzioni europee).

Come Salvini si prepara a diventare premier con l’OK dei mercati finanziari

Da dentro al PPE, Viktor Orban e Sebastian Kurz, rispettivamente a capo dei governi di Ungheria e Austria, farebbero la loro parte per spingere verso questa ipotesi, mentre Salvini farebbe lo stesso da fuori, cioè dai banchi della “alt-right”. Non è ancora chiaro se in questo disegno rientrerebbe pure Marine Le Pen, la dama nera di Francia, che in molti nel PPE non vorrebbero mai avere come alleata. Ad ogni modo, Weber riuscirebbe così a governare l’Europa con una piattaforma più adatta alle proprie inclinazioni conservatrici, di fatto cacciando i socialisti dalle stanze dei bottoni. E la Germania conserverebbe la leadership, virando a destra in quello che sembra già essere a tutti gli effetti il futuro post-merkeliano. Il piano si realizzerebbe, quindi, grazie all’avanzata di Salvini e la sua “Lega della leghe europea”. Per questo, la sinistra sta concentrando i suoi attacchi contro di lui, perché fiuta il rischio di subire una disfatta storica e di finire per diventare una forza politica residuale persino dove ad oggi ha potuto contare solo grazie all’asse con il centro-destra tradizionale.

E anche Berlusconi si piega a Salvini

La mozione anti-Orban, presentata da una esponente dei Verdi e approvata da parte dello stesso PPE, puntava proprio a fare saltare questo schema, ossia a impedire a Weber di accreditarsi come leader dei popolari. La Francia di Macron è la più interessata a sventare il piano, perché se passasse ne sarebbe la prima vittima illustre. In fondo, ciò equivarrebbe a privare Parigi di quel potere di incisività sui processi decisionali europei, a tutto favore del nuovo protagonista politico nascente, cioè l’Italia di Salvini.

Almeno fino a quando Macron resterà all’Eliseo, visto che l’asse PPE-sovranisti coinvolgerebbe la stessa Francia nel caso di una vittoria alle prossime elezioni o della Le Pen o dei Républicains, questi ultimi ancora moribondi dopo lo shock della sconfitta dello scorso anno. Attaccare Salvini oggi non costituisce più, a Roma o Bruxelles, un semplice atto di accusa contro il solito “pericolo fascista” sbandierato a sinistra a ogni piè sospinto, quanto il segnale di allarme di una realtà in via di disfacimento e che avverte stavolta sul serio che la sua fine sarebbe imminente. E se il presidente del PD arriva a proporre di stracciare lo statuto e cambiare nome al partito, significa che persino nelle stanze sorde del Nazareno sarebbe arrivata la sensazione che “la pacchia è finita”, per dirla con le parole del nuovo nemico pubblico.

Perché Salvini non vuole sforare il deficit al 3% e fa scendere lo spread

E ad avere capito come stiano le cose è anche Forza Italia di Silvio Berlusconi, che ieri ha accolto Salvini ad Arcore, dove ha stretto con lui un’intesa a tutto campo su presidenza Rai, regionali e TV. Il vice-premier ha garantito all’ex premier di allearsi con il resto del centro-destra ai prossimi appuntamenti di Abruzzo e Basilicata, ragionando insieme sulla possibilità di una lista unitaria (del PPE?), offrendo pure rassicurazioni sul tetto alla pubblicità delle reti televisive, che gli alleati di governo pentastellati vorrebbero imporre, di fatto colpendo gli interessi di Mediaset. In cambio, ha ottenuto il via libera al nome di Marcello Foa come presidente Rai al voto di mercoledì in Commissione di Vigilanza e, con ogni probabilità, una opposizione meno virulenta al governo giallo-verde. E poiché ogni intesa politica che si rispetti passa per gli studi televisivi, vi basti ricordare che ieri Salvini è stato ospite nel salotto domenicale di Barbara D’Urso, dove ha raccolto applausi scroscianti da parte di un pubblico, quello berlusconiano, che lo ha eletto nuovo leader della coalizione che fu.

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