Nuova Delhi, abbiamo un problema. E’ stato questo il senso dell’incontro che un mese fa si è tenuto tra il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, e il suo omologo indiano, Subrahmanyam Jaishankar. Non si è parlato solo delle tensioni geopolitiche tra Russia e Occidente a seguito dell’invasione dell’Ucraina. Uno dei principali problemi diplomatici è sorto attorno alla rupia indiana. Avete capito bene. La valuta emergente sta provocando più di forti mal di testa al sistema bancario russo. E il guaio principale è che per il momento nessuno intravede soluzioni vicine.

Per capire cosa stia accadendo in Asia, dobbiamo fare un passo indietro a quel maledetto 24 febbraio del 2022. La Russia invade l’Ucraina. L’Occidente reagisce immediatamente con la comminazione di durissime sanzioni finanziarie contro Mosca. Non è esagerato affermare che siano senza precedenti, come del resto aveva minacciato il presidente americano Joe Biden prima che la guerra iniziasse. Due le misure più drastiche adottate: “congelamento” delle riserve valutarie russe custodite in Nord America ed Europa, cioè asset per un controvalore di 300 miliardi di dollari; espulsione della Russia dallo SWIFT, il sistema internazionale dei pagamenti basato sul dollaro.

Boom commerci Russia-India

Da circa quindici mesi, quindi, la Russia non può più regolare le transazioni in dollari. Allo stesso tempo, l’Occidente ha imposto l’embargo sui suoi prodotti petroliferi. Non potranno essere venduti in Europa e Nord America a più di 60 dollari al barile, nettamente sotto le quotazioni internazionali. Mosca ha replicato alle sanzioni tagliando le esportazioni verso l’Occidente, reindirizzandole in Asia. Ed è così che Cina e India sono diventati i suoi principali clienti.

Approfittando del bisogno di Mosca di trovare nuovi acquirenti, stanno riuscendo ad importare greggio russo a sconto anche del 35%. In un solo anno, l’India ha decuplicato la percentuale di importazioni petrolifere dalla Russia, passate dal 2% ad oltre il 20%.

A maggio ad esempio, ha comprato 1,96 milioni di barili, oltre sei volte i livelli di un anno prima e per il 42% del totale. Precedentemente alla guerra, le importazioni di petrolio russo in India erano quasi inesistenti.

Ed arriviamo al problema della rupia indiana. Negli undici mesi dell’anno finanziario 2022-2023, le esportazioni indiane verso la Russia sono diminuite dell’11,6% a 2,8 miliardi di dollari di valore, a causa della crisi dell’economia russa. Invece, le importazioni sono esplose del 400% a 41,56 miliardi. Cosa significa questo? La Russia è esportatrice netta verso l’India. Sin qui, solo note positive per la prima. Il punto è che questi scambi non possono essere regolati in dollari, perché le imprese importatrici indiane temono le sanzioni cosiddette secondarie, quelle che gli Stati Uniti applicherebbero ai paesi che intrattengono relazioni finanziarie attraverso valuta americana.

Pagamenti con rupia indiana problematici

Ed ecco che la valuta di scambio è diventata proprio la rupia indiana. Senonché, a causa dei forti squilibri commerciali a favore della Russia, questa sta finendo di questo passo per accumulare 50 miliardi di dollari in valuta indiana all’anno. Queste immense riserve, tuttavia, il sistema bancario non riesce a smaltirle, non sa proprio cosa farne. In effetti, la rupia indiana servirebbe per acquistare beni e servizi dall’India. Ma, come vi dicevamo, le importazioni russe da quel paese sono bassissime. E allora le banche russe potrebbero utilizzarla per acquistare merci da paesi terzi, ma nessuno intende accettarla in pagamento, perché non saprebbe cosa farsene.

In effetti, l’India è un paese importatore netto, per cui le sue vendite verso il resto del mondo risultano di gran lunga inferiori rispetto agli acquisti. In parole semplici, a nessuno nel mondo interessa avere rupia indiana, perché ciò che acquista dall’India è meno di quanto ad essa vende. Oltretutto, parliamo di una valuta con un mercato poco liquido e non pienamente convertibile.

Da qui, le paradossali tensioni tra i due paesi asiatici. In parte, alcune società indiane stanno cercando di rimediare pagando in dirham, la valuta degli Emirati Arabi Uniti. Peccato che il suo cambio sia fissato al dollaro. Pagare in rubli, invece, sembra fuori discussione. Il suo tasso di cambio con la guerra non è ben chiaro quale possa essere sul mercato forex. I livelli vigenti, infatti, sarebbero eccessivi e risentirebbero delle manipolazioni della Banca di Russia.

Dal colloquio bilaterale è emersa la proposta “furba” di Nuova Delhi: usate la rupia indiana per investire nel manifatturiero del sub-continente asiatico. In questo modo, tutti apparentemente ci guadagnerebbero: i russi userebbero un asset altrimenti poco utile, gli indiani beneficerebbero degli investimenti stranieri per potenziare la propria industria. La vicenda rimarca quanto Mosca sia ormai nelle mani dei suoi vicini asiatici. La rottura delle relazioni con l’Occidente crea grattacapi quotidiani, tutti con un’unica radice: la guerra ha reso la Russia molto più vulnerabile sul piano delle relazioni commerciali e finanziarie. Ha perso clienti danarosi, rimpiazzati con altri meno sicuri, per quanto dalle prospettive di crescita più incoraggianti.

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