Nel giorno dell’inaugurazione della presidenza Trump, che potrebbe segnare il rilancio delle relazioni economiche e politiche tra USA e Russia, il rublo si mostra in deciso recupero contro il dollaro, registrando un apprezzamento del 26,5% su base annua e scendendo a un cambio di 59,75 contro il dollaro da oltre 81 a cui era sprofondato dodici mesi fa. Il trend non è casuale, seguendo esattamente quello delle quotazioni del petrolio, che nello stesso arco di tempo sono raddoppiate, dopo essere scese ai minimi dal 2003 nel gennaio del 2016.

I due terzi delle esportazioni russe sono rappresentate proprio dal greggio, che costituisce quasi la metà delle entrate statali. (Leggi anche: Russia, economia in ripresa nel 2017 e rublo a +17% quest’anno)

Di pari passo al recupero del rublo, anche l’economia russa sta uscendo da una recessione lunga due anni. Il pil quest’anno dovrebbe espandersi del 2%, secondo il ministro dell’Economia, Maxim Oreshkin, dopo essersi contratto tra lo 0,5% e lo 0,6% nel 2016. E il collega alle Finanze, Anton Siluanov, spiega che alle attuali quotazioni del Brent, le casse statali potrebbero iniziare a registrare surplus fiscali, tornando a rimpinguare le riserve accantonate fino al 2014. Se, invece, i prezzi si attestassero tra i 40 e i 55 dollari, l’uso delle riserve per sostenere le entrate sarebbe limitato.

Mosca punta a un rublo più debole

Tuttavia, queste previsioni, aggiunge il ministro, contemplano un cambio tra rublo e dollaro a quota 65 con prezzi del petrolio a 55 dollari, a quota 61 con prezzi a 70 dollari. Poiché il rublo è attualmente più forte, scambiando a meno di 60 contro un dollaro, ciò significa che il governo di Mosca starebbe puntando a indebolire la valuta, anche se lo stesso Siluanov smentisce che sia in animo la cessazione del regime di libera fluttuazione del cambio, introdotto nel novembre del 2014, quando la crisi del petrolio e del rublo si era appena dispiegata.

Il rafforzamento eccessivo del rublo diminuisce i ricavi in dollari delle esportazioni petrolifere, da qui l’obiettivo del governo russo di porre un argine ai guadagni. (Leggi anche: Trump un affare per rublo e borsa)

D’altra parte, la Banca di Russia dovrà tornare a tagliare i tassi nei mesi prossimi. Gli analisti si aspettano che l’allentamento della politica monetaria vi sia da febbraio. Attualmente, i tassi di riferimento sono al 10%, mentre l’inflazione a dicembre è scesa al 5,4%. Ci sarebbe spazio per un taglio anche vigoroso, che a sua volta potrebbe sia sostenere i prezzi dei bond, sia indebolire il rublo sui mercati.

 

 

 

Bond in rally con presidenza Trump?

In un anno, i rendimenti decennali dei titoli di stato russi sono scesi di oltre 250 punti base all’8,8% odierno, quelli a due anni di oltre 260 bp all’8,05%, ai minimi da quasi tre anni. La presidenza Trump potrebbe portare loro bene nelle prossime settimane, se dovesse almeno segnalare la fine vicina delle sanzioni finanziarie imposte dagli USA sin dal 2014, come risposta all’occupazione russa della Crimea in Ucraina. (Leggi anche: Rublo, petrolio e Trump lo spingono)