Ci credereste che qualche post ironico su Facebook sia riuscito a far crollare in borsa un titolo azionario, pur essendo chiaramente destituito di ogni fondamento? Invece, è accaduto in questi giorni. Constellation Brands, la società che produce tra l’altro la famosissima birra Corona, ha dovuto persino emettere un comunicato con cui chiarire, se mai ve ne fosse stato bisogno, che con il Coronavirus non c’entra un bel fico secco. Il titolo al Nasdaq ha perso quasi il 21% tra il 20 e il 27 ottobre, quando l’intero listino mediamente se l’era cavata nello stesso frangente con un po’ meno drammatico -14%.

Un’assurdità, che si spiega – si fa per dire – con alcuni post pubblicati sui social, con i quali alcuni utenti nel mondo hanno cercato di fare ironia sul nome della birra, associandola a quella del virus cinese, con tanto di immagini. E’ bastato questo accostamento scherzoso, giocoso, apparentemente innocuo, per provocare un danno d’immagine alla società e alle tasche dei suoi azionisti. La capitalizzazione in borsa è crollata in pochi giorni di 8,5 miliardi di dollari, roba da non crederci nemmeno leggendola.

L’accaduto pone l’accento sull’apparente irrazionalità di alcune scelte nel panorama finanziario. Impossibile immaginare che qualcuno dubiti che la birra Corona abbia a che fare con la pandemia, ma ciò non evita al titolo vendite a pioggia. Per contro, è accaduto l’esatto contrario in questi anni, come quando alla fine del 2017 ci fu un titolo che esplose in pochi giorni, sempre al Nasdaq, arrivando a triplicare il suo valore semplicemente cambiando nome. L’azienda attiva nel beverage Long Island Iced Tea decise di prendere il treno in corsa delle “criptovalute”, trasformandosi in Long Blockchain Corp, dichiarando che avrebbe spostato il focus dei suoi investimenti su questo nuovo canale.

Anche la finanza “seria” a volte è ridicola: +433% in borsa cambiando nome

La razionale dissociazione dalla realtà della finanza

Quattro mesi più tardi, però, il titolo veniva cacciato dal listino, non essendo stato in grado di mantenere una capitalizzazione minima di 35 milioni di dollari per 10 sedute consecutive.

Rispetto all’apice di oltre 6 dollari per azione, ad oggi risulta aver perso oltre il 98%, schiantandosi ad appena 11 centesimi. Una bella lezione per quanti pensarono di aver concluso l’affare della vita, acquistando un titolo a prezzi multipli rispetto a qualche giorno prima solo per un’operazione di “rebranding” destituita di una qualche prospettiva concreta. Per quanti, invece, in questi giorni avessero mantenuto il possesso delle azioni Constellation Brands, la seria aspettativa che, passata la sbornia da stupidità di questa fase, il titolo riprenderà a muoversi sulla base dei suoi fondamentali.

I due casi tra di loro opposti, però, qualcosa ce la insegnano: la finanza nel quotidiano non è detto che si comporti in maniera logica, per quanto apparentemente razionale. Chi ha venduto le azioni della birra Corona quasi certamente sapeva che con il Coronavirus vi sia un semplice e sfortunato accostamento di nome, ma ciò non lo ha dissuaso dal liberarsi del titolo, aspettandosi che altri lo avrebbero fatto e che, quindi, nel breve i prezzi sarebbero scesi. Questo esempio ci fa capire come i mercati compiano spesso operazioni che nella vita reale non avrebbero un senso e che, eppure, risentono del clima in cui si muovono.

Se in una bellissima giornata di sole, in pieno luglio a Roma, andassi in giro come un pazzo con l’ombrello in mano a dire che stia per piovere, nessuno mi crederà e il fatto che io strombazzi a chiunque incontri per strada che stia per piovere non implica che effettivamente vedremo un goccio di acqua cadere dal cielo. Ma in borsa non funziona così: se metto la voce che un titolo stia scendendo, anche per una ragione ridicola come nel caso di cui sopra, qualcuno inizierà a temere che altri abbocchino e alla prima occasione venderà per evitare di restare in possesso di un titolo deprezzatosi.

Alla lunga, per fortuna, anche tra i trader prevale il buon senso.

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