La partita sulla riforma pensioni è ancora tutta da giocare. Lo sostengono i sindacati che chiedono che sia ripristinato quel confronto con il governo iniziato alla fine dello scorso anno. Poi interrotto a causa dei recenti accadimenti bellici e con le elezioni anticipate.

Come noto, mancano pochi mesi alla fine dell’anno. E in particolare alla fine di Quota 102 (in pensione a 64 anni con 38 di contributi). In assenza di interventi, dal 2023 si tornerà per tutti alle regole integrali della Fornero. Strada che ormai appare in discesa.

Riforma pensioni e confronto coi sindacati

In vista della formazione del nuovo esecutivo, quindi, i sindacati tornano a farsi sentire per riprendere le trattative interrotte sulla riforma pensioni. Un confronto più che necessario vista la situazione economica emergenziale a cui va incontro il Paese.

Lasciare che si scivoli inesorabilmente verso il ritorno integrale alla Fornero senza fare nulla è inconcepibile, dicono le organizzazioni sindacali. Oltretutto ci sono alcuni punti poco chiari riguardo alla gestione del Fondo lavoratori dipendenti. Nell’ultimo incontro svolto con la maggioranza – dice Enzo Merlini, segretario generale della Csdl,  – erano emersi impegni diversi rispetto all’articolo che riguarda il contributo dello Stato e il prelievo dei fondi.

Impegni che non sono stati rispettati, così come le garanzie di corresponsione del 25% da parte del bilancio dello Stato. Non è chiaro cosa succede con i disavanzi precedenti, non è stato rispettato l’impegno a ridurre i disincentivi, né l’impegno a posticipare in avanti il calo del rendimento del primo pilastro“.

Rivalutazione a rischio

Sempre secondo i sindacati ci sarebbero, però, altre insidie nascoste. Gianluca Montanari, segretario generale della Cdls, has coperto addirittura che il governo ha inserito nel testo emendato della riforma pensioni presentato in Commissione Sanità un nuovo articolo.

Testo mai discusso con il sindacato e che bloccherebbe fino a fine 2027 la rivalutazione delle pensioni, prevedendo un misero 1% in sostituzione dell’inflazione rilevata annualmente.

Un vero e proprio colpo di mano che rischia di far scendere in piazza i sindacati invocando lo sciopero generale. Anche perché esiste una legge che impone annualmente la perequazione automatica delle pensioni in base all’inflazione.

Aggirare questo meccanismo perché lo Stato dovrebbe affrontare una spesa esorbitante è quanto di più indegno possa accadere. Dato anche il fatto che per circa 10 anni le pensioni non hanno subito variazioni significative, nonostante il potere di acquisto sia andato scemando a livello generale. Soprattutto negli ultimi tempi con lo scoppio della pandemia e i lockdown.