La riforma del Senato si potrebbe trasformare in una vera e propria tortura per chi dovrà votarla a causa degli oltre 8mila emendamenti presentati, che alla luce dei fatti sembrano essere stati presentati dall’opposizione solo per rallentare la riforma stessa.   Gli emendamenti presentati dai diversi parlamentari vanno a toccare argomenti a volte talmente assurdi da non riuscire a concepirne l’utilità, come ad esempio il numero impressionante di emendamenti che chiedono di sostituire le parole “Camera dei Deputati”, all’interno del testo della Riforma, con altre denominazioni quali “Corte Nazionale”, “Curie degi Eletti”, “Coorte dei Rappresentanti”, “Coorte degli eletti” e così via, stravolgendo il nome dell’istituzione per il semplice gusto di farlo.

  Un’altra serie di emendamenti è volta alla riduzione del numero dei parlamentari con le proposte più fantasiose in una gara al ribasso che propone dove 294 deputati al posto degli attuali 618, o chi ne propone meno, 288, come in un’asta inversa dove vince chi offre meno. Ogni partito rilancia la sua proposta cercando di superare gli altri nella diminuzione del numero. C’è chi punta, invece, alla soppressione di interi articoli, quanti eliminarne? Anche qui si danno i numeri: c’è chi propone di eliminare gli articoli dall’1 al 16 (addirittura in due emendamenti c’è la stessa proposta).   I leghisti presentano emendamenti per proporre una bandiera e un inno per ogni regione d’Italia come simbolo.   Gli emendamenti assurdi, che chiedono di cambiare virgole, punti, nomi e dominazioni sono migliaia, alcuni sono, però, da prendere seriamente, coma ad esempio l’1.0.22 presentato da Stefano Candiani, della Lega Nord che recita “Fermi restando i dodici deputati eletti nella circoscrizione Estero, la legge costituzionale stabilisce il numero minimo dei rappresentanti delle minoranze linguistiche fra i cinquecento deputati eletti a suffragio universale”. Questo emendamento non riguarda soltanto le minoranze linguistiche e bisognerebbe fare molta attenzione poiché, trattando anche delle minoranze linguistiche non c’è voto palese e potrebbe far saltare i conti, grazie ai franchi tiratori, dei piani fatti.