Mancano meno di due mesi al referendum costituzionale e i sondaggi confermano il sostanziale testa a testa tra i “sì” e i “no”, anche se questi ultimi sarebbero in leggera prevalenza. L’appuntamento diventa ogni giorno più temuto dal premier Matteo Renzi, che ha legato ad esso il suo destino politico, arrivando a minacciare le dimissioni nel caso di sconfitta. Gli schieramenti in campo sono delineati da tempo: centro-destra e Movimento 5 Stelle sono per il “no”, PD e centristi della maggioranza per il “sì”, anche se la minoranza dem strizza l’occhio ai contrari e in cuor suo si augura che il premier venga sconfitto.

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Curiosa, invece, è la posizione di due big del passato: Silvio Berlusconi e Romano Prodi. Iniziamo con il fondatore dell’Ulivo. Stando ai retroscena, si vocifera che l’ex premier e già presidente della Commissione europea sarebbe sicuro di votare “no” al referendum, ma che avrebbe deciso di non rendere pubblica la sua decisione, tanto da non accettare domande dei giornalisti sul tema e di respingere le avances di Renzi, perché faccia campagna per il “sì”.

Prodi per il “no” e Berlusconi per il “ni”

Troppo fresco è il ricordo dei 101 traditori del PD, che lo impallinarono nel 2013 sull’elezione alla presidenza della Repubblica. Che dietro al caos ci sia stata la mano proprio dell’attuale premier è un dubbio, che ancora oggi serpeggia tra gli stessi democratici, oltre che tra gli analisti politici.

Passiamo a un altro ex premier, gran rivale di Prodi, Berlusconi. Costretto al ricovero a New York per i postumi dell’intervento al cuore di questo inizio 2016, il leader di Forza Italia non potrebbe fare campagna attiva per il “no”, anche se ieri non solo ha ribadito il suo appello a votare contro le riforme istituzionali del premier Renzi, ma ha persino promesso che rientrerà presto in Italia per spendersi in prima persona nella campagna referendaria.

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Berlusconi ancora candidato premier?

Sarà, ma i maligni sostengono un’altra versione, ovvero che tra Berlusconi e Renzi vi sia un patto: il primo farà campagna tiepida per il “no” (basta guardare le reti Mediaset per capire dove soffi il vento), il secondo s’impegnerebbe ad agevolare una sentenza favorevole a Berlusconi presso la Corte di Giustizia UE, davanti alla quale pende il ricorso dell’ex premier contro la sua estromissione dal Senato, sulla base della cosiddetta legge Severino, quella che lo rende incandidabile, avendo riportato una condanna definitiva per il caso Mediatrade nel 2013.

Nel caso di riabilitazione politica, Berlusconi potrebbe ricandidarsi. La domanda è: ma come premier del centro-destra? Se così fosse, nel 2018 avremmo una sfida potenzialmente tra un 81-enne, un Renzi 43-enne e un poco più che trentenne Di Maio, sempre che quest’ultimo corra per il Movimento 5 Stelle. Vero che l’età non conta, vero che l’ex premier è dotato ancora di grandi risorse carismatiche, ma insomma, il centro-destra si voterebbe alla sconfitta senza nemmeno gareggiare.