Il voto regionale di domenica e lunedì ha decretato il trionfo del centro-destra oltre ogni rosea aspettativa. E ciò avrà riflessi concreti sull’azione di governo, a partire da capitoli come reddito di cittadinanza e riforma delle pensioni. Attilio Fontana (Lega) ottiene il 54,7% ed è riconfermato governatore lombardo e Francesco Rocca “strappa” il Lazio al centro-sinistra dopo dieci con il 53,9%. Il Partito Democratico si era alleato con il Movimento 5 Stelle in Lombardia e con il Terzo Polo nel Lazio. Alla prova dei fatti, i dem hanno retto.

Pur trafitti alle urne, consolidano la loro posizione di primo partito delle opposizioni. Viceversa, la tentata spallata di Giuseppe Conte da un lato e di Carlo Calenda e Matteo Renzi dall’altro al PD non solo non è riuscita, ma si è rivelata un boomerang. Il Terzo Polo crolla al 4% in Lombardia. Nonostante fosse trainato dalla candidata Letizia Moratti, è sceso sotto il 5% nel Lazio. I 5 Stelle ottengono un magrissimo 4% in Lombardia e un 8,5% nel Lazio.

I veri sconfitti di questa partita, dunque, sono Calenda-Renzi e Conte. Il dato dei “grillini” appare piuttosto deludente. Alle scorse elezioni regionali, nel Lazio ottennero il 22% (27% la candidata Roberta Lombardi) e in Lombardia sfiorarono il 18%. E alle elezioni politiche di settembre, ancora ricevettero quasi il 15% nel Lazio e il 7,5% in Lombardia. Insomma, una debacle. I risultati del voto regionale rafforzano il governo Meloni per tre ragioni. La prima è la più ovvia: il centro-destra ha stravinto.

Reddito di cittadinanza, cambiamenti in vista

La seconda è che, pur trionfando Fratelli d’Italia con il 26% in Lombardia e il 34% nel Lazio, gli alleati di governo non sono implosi. Anzi, la Lega di Matteo Salvini è risalita al 16% in Lombardia, a cui si aggiunge parte dei voti legati alla lista Fontana, di fatto para-leghista. Dunque, le tensioni nella maggioranza paventate alla vigilia, a seguito di un eventuale disastro del Carroccio e degli “azzurri”, sembrano più lontane.

Infine, se la bassa affluenza deve preoccupare tutti (6 elettori su 10 sono rimasti a casa), d’altro canto essa segnala che non vi è stata alcuna risposta alla “chiamata alle armi” di parte delle opposizioni contro presunte minacce alla democrazia. In sostanza, gli italiani non sono accorsi ai seggi per il timore di essere finiti sotto una dittatura fascista.

Detto questo, quali potranno essere i riflessi del voto regionale su temi caldi come la riforma del reddito di cittadinanza e delle pensioni? Il tracollo dei 5 Stelle anche nel Lazio segnalerebbe che gli elettori non siano così dispiaciuti di rivedere il sussidio pentastellato. La premier Giorgia Meloni avrà maggiore forza da oggi per “imporre” la sua visione: chi può, lavori; il resto continuerà ad essere aiutato. E questo significa essenzialmente che il reddito di cittadinanza sarà abrogato per i cittadini di età compresa tra 18 e 60 anni di sana e robusta costituzione fisica e senza minori a carico. Gli invalidi e gli over 60 manterranno il sussidio.

Pensioni, Quota 41 e Opzione Donna

E se ci sono chiari sconfitti, altrettanto evidenti sono i nomi dei vincitori. Giorgia Meloni sopra tutti. Ma anche Salvini ne esce bene. Certo, la Lega è stata scavalcata da Fratelli d’Italia nella “sua” Lombardia dopo un primato che durava anni. Ma anche ai tempi dell’ex PDL non era primo partito. E Fratelli d’Italia praticamente è diventato una sorta di PDL senza i berlusconiani. Il vice-premier si rafforza in vista di una delle grandi partite che si sta disputando in questi mesi, vale a dire le pensioni. La sua idea sarebbe di puntare su Quota 41. Tutti potrebbero andare in pensione con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica.

La premier è tendenzialmente contraria alla misura per ragioni di costi. Ma non potrà opporre diniego continui all’alleato sulla revisione della legge Fornero.

Una qualche concessione potrà avvenire già in sede di discussione con i sindacati su Opzione Donna. Criteri un po’ meno restrittivi di quelli introdotti da quest’anno, secondo cui le lavoratrici possono andare in pensione a 58 anni di età (59 per le lavoratrici autonome) con 35 anni di contributi. In cambio, riceveranno l’assegno calcolato interamente con il metodo contributivo. L’accesso è stato, però, ristretto alle sole caregiver, alle invalidi civili per almeno il 74%, a chi è stata licenziata o è dipendente in imprese che hanno avviato un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale.

Il successo in Lombardia potrebbe essere almeno in parte dovuto proprio all’impostazione del governo Meloni sul reddito di cittadinanza. Il sussidio è inviso al Nord, in particolare, in quanto considerato uno strumento di pura assistenza e disincentivo al lavoro. Il maggiore pragmatismo del leader leghista è stato apprezzato e forse ciò convincerà l’interessato a non ingaggiare battaglie campali contro la legge Fornero e in favore di Quota 41. Anche perché le pensioni stanno costando solo quest’anno una ventina di miliardi di più con la maxi-rivalutazione legata all’inflazione alle stelle.

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