Le associazioni di categoria hanno lanciato l’allarme: dopo due anni di pandemia, il turismo italiano rischia di non ripartire neppure quest’anno a causa della mancanza di lavoratori stagionali. Mancherebbero all’appella centinaia di migliaia di persone disponibili a ricoprire altrettante posizioni nella stagione che sta per iniziare. Colpa del reddito di cittadinanza, lamentano gli imprenditori del settore. Molti candidati si rifiutano di accettare una proposta di lavoro, altrimenti perderebbero il sussidio. Altri ancora non la ritengono conveniente, dato che con il sussidio percepirebbero tanto quanto o di più.

Di fatto, il reddito di cittadinanza è diventato quello che gli economisti definiscono “salario di riserva”. Spesso, però, risulta così alto da disincentivare alla ricerca di un lavoro.

Il ministro rispolvera il comitato Saraceno

Il ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, da leghista aveva persino prospettato di puntare sulle quote di cittadini extracomunitari per rimpiazzare gli italiani indisponibili a lavorare nel settore. Ma ad una manifestazione della Lega, ha lanciato un’altra proposta più strutturale: lasciare il reddito di cittadinanza per metà ai lavoratori stagionali.

A dire il vero, la proposta del ministro è tutt’altro che originale. Nei mesi scorsi, il comitato Saraceno, istituito al Ministero del Lavoro, aveva partorito un decalogo di proposte per riformare il reddito di cittadinanza, salvaguardandone gli aspetti positivi. Tra questi vi era la possibilità per i beneficiari che accettino un’offerta di lavoro di mantenere il sussidio per il 60% della somma percepita. Ad esempio, se un ragazzo accettasse un lavoretto part-time di 400 euro al mese, non perderebbe come oggi 320 euro di sussidio, cioè l’80% dello stipendio, bensì 240 euro. Non solo. Secondo tale proposta, il reddito avrebbe concorso anch’esso per il 60% alla determinazione dell’ISEE per l’anno successivo.

Reddito di cittadinanza e lavoro

Cosa succede oggi? Come detto, accettando un lavoro il reddito di cittadinanza è decurtato per un importo pari all’80% dello stipendio incassato.

E questi concorre al 100% dell’ISEE per l’anno successivo, con la conseguenza che i beneficiari tendenzialmente perdono i requisiti per vedersi riconfermato l’assegno. Il ministro Garavaglia si è spinto oltre: pur di lavorare, si consenta al beneficiario di mantenere il 50% del reddito di cittadinanza.

Ma ci sono diversi problemi, uno dei quali riguarda i costi. Da un lato, la misura invoglierebbe a lavorare, dall’altro allargherebbe forse troppo la platea dei beneficiari. Il sussidio si trasformerebbe in un’integrazione di stato al reddito dei cittadini. Che se vogliamo era anche la logica originaria dietro alla proposta del Movimento 5 Stelle. Secondariamente, si creerebbero disparità di trattamento tra cittadini con redditi simili: pur guadagnando lo stesso stipendio mensile, uno percepirebbe un’integrazione dello stato, l’altro no. E la differenza consisterebbe nel fatto che il primo beneficiasse già del reddito di cittadinanza. Per quanto tempo questa logica andrebbe avanti? Dovremmo a tempo indeterminato garantire il sussidio a chi già lo incassa, pur di incentivarlo a lavorare? Non finiremmo per creare posti di lavoro sussidiati dallo stato?

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