Erano passate poche ore dalla cocente sconfitta del Partito Democratico alle elezioni amministrative. Chi sperava che la segretaria Elly Schlein avrebbe capito le ragioni del disastro alle urne, è andato subito deluso. Ma sarebbe ingeneroso prendersela solo o principalmente con chi è a capo del Nazareno da tre mesi. E’ la lucidità di un’intera classe dirigente qui ad essere messa in dubbio. Martedì pomeriggio, la deputata del Partito Democratico, Chiara Braga, annunciava soddisfatta e orgogliosa che per il 30 giugno la Camera ha calendarizzato la discussione generale sulla ratifica del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità).

E ci teneva a sottolineare che il presidente Lorenzo Fontana si fosse preso un impegno in tal senso con il suo partito e le altre forze di opposizione, i quali avevano avanzato la richiesta.

Italia in cerca di accordo complessivo con Bruxelles

Per i poco addentrati nella materia, l’Italia è rimasto l’unico paese dell’Unione Europea a non avere provveduto alla ratifica del MES. Cos’è e cosa prevede? La riforma del 2020 ha istituito una sorta di backstop per il Fondo di risoluzione unico, cioè ha previsto che l’istituto si doti di un “paracadute” per sventare possibili crisi bancarie. Inoltre, ha semplificato le regole per la ristrutturazione del debito pubblico. Anziché il doppio voto degli obbligazionisti, ne servirebbe solo uno in assemblea (“single-limb“), in rappresentanza di tutti i titoli oggetto dell’eventuale rinegoziazione.

L’Italia è sempre stata critica sulla ratifica del MES. Lo stesso governo Draghi non aveva trovato un accordo al suo interno per approvarla. Il fatto è che il MES ora come ora non serve a nulla. Nacque oltre un decennio fa per soccorrere stati e banche in crisi nell’Unione Europea, ma nessun governo he fatto mai richiesta di aiuti, perché questi sono molto condizionati e il mercato stigmatizzerebbe l’intervento come se si trattasse di un salvataggio a favore di un paese fallito.

Neppure durante la pandemia ci fu qualcuno a chiedere l’attivazione del cosiddetto MES sanitario. Malgrado la semplificazione delle procedure, nessuno ha voluto rischiare di essere associato a una qualche forma di “commissariamento”, pur leggero.

Fratelli d’Italia e Lega per la maggioranza e Movimento 5 Stelle per le opposizioni risultano contrari alla ratifica del MES. La premier Giorgia Meloni, tuttavia, sta cercando di dilatare i tempi dell’approvazione anche per un aspetto negoziale. Fintantoché l’Italia non conoscerà l’esito delle trattative sulla riforma del Patto di stabilità, si manterrà sulle sue. Le cancellerie straniere premono sempre più sul ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, al fine di ottenere la ratifica del MES e portare a casa un salvagente per il caso esplodesse anche da noi una crisi bancaria. A Roma serve, però, ottenere una riforma del Patto di stabilità non punitiva verso i conti pubblici italiani.

Ratifica MES, PD resta dogmatico

E’ vero che formalmente la Commissione e il Consiglio europeo non barattano mai due dossier. Ma nei fatti avviene spesso. Il “do ut des” sarebbe chiaro: ratifica del MES in Italia contro una riforma del Patto di stabilità ragionevole. Il Partito Democratico, chiedendo la calendarizzazione, si mette di traverso ad una strategia negoziale, che pur certamente criticabile, a questo punto è nell’interesse nazionale che avvenga con il governo italiano in condizione di massima forza. Invece, il partito di Elly Schlein ancora una volta piccona l’unità nazionale e s’impicca sull’altare del dogmatismo europeista, in contrapposizione frontale con gli interessi anche dei suoi stessi elettori.

Il Partito Democratico non ha capito ancora le ragioni della sua sconfitta permanente alle elezioni dei vari livelli. Ed è probabile che non le capirà neppure in futuro, tanto è forte l’incrostazione ideologica eurofanatica dei suoi dirigenti.

Sarebbe nell’interesse di tutti che l’Italia non desse neppure l’impressione di venire monitorata dalle istituzioni comunitarie in tema di conti pubblici. La ratifica del MES acritica contravviene a questa necessità. Sul piano negoziale il nostro governo non sarebbe più forte, bensì più debole, se offrisse ai partner europei la ratifica prima ancora di chiudere le trattative sul Patto di stabilità. Una volta incassato il risultato, a Bruxelles ci farebbero marameo. Ma al Partito Democratico interessa più di ogni altra cosa ostentare patenti di europeismo in Italia e all’estero. E più perde le elezioni e più si rintana nel suo recinto ideologico.

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