La crescita dell’economia mondiale nel 2016 sta diventando una vera incognita per gli organismi internazionali, che pur avendo limato di recente le loro stime, non si mostrano del tutto pessimisti. L’FMI prevede una crescita globale del 3,6%, l’OCSE del 3,3%. Questi numeri non autorizzerebbero a parlare di recessione, anche se alcune grandi realtà economiche potrebbero effettivamente registrare una contrazione del pil. Ma c’è un indicatore poco monitorato dai media internazionali, ignorato a gran torto persino dai policy makers, che dovrebbe ricevere, invece, maggiori attenzioni, perché il trend che ci segnala da mesi è a dir poco preoccupante.

Parliamo del Baltic Dry Index, che a dispetto del nome riguarda tutto il pianeta e non solo i paesi baltici. Esso sintetizza i prezzi per le spedizioni di merci non liquide via mare, ovvero dei container. (Giovedì 19 novembre, il BDI scende ai minimi di sempre a 504 punti, segnando un calo del 36% dall’inizio dell’anno).

BDI rispecchia scambi commerciali

La logica de BDI è la seguente: quando i commerci tra paesi crescono, perché aumenta il loro import/export, per la legge della domanda e dell’offerta saliranno anche i prezzi richiesti per il trasporto delle merci su navi. Viceversa, si assisterebbe a un calo dei prezzi. Pertanto, quando il BDI sale, segnala un incremento dei traffici commerciali, ovvero un’economia globale più vivace e in crescita. Quando il BDI scende, ci dice che gli interscambi commerciali diminuiscono, quindi, che lo stato di salute dell’economia mondiale sta peggiorando. Nel febbraio scorso, questo indice toccò il minimo storico a 500 punti, salvo risalire nei mesi successivi, fino a portarsi a oltre 1.100 punti in agosto. Da allora, tuttavia, con l’eccezione della seconda metà di settembre, ha ripiegato nuovamente, scendendo intorno ai minimi record ai 550 punti di metà novembre. Non a caso, un mese fa, il colosso delle spedizioni via mare, Maersk, tagliava le stime sulla crescita dei commerci nel range 2-4% dal 3-5% precedente, lanciando un profit warning.

       

Crisi commercio mondiale è altro allarme

BDI novembreSe analizziamo il trend di quest’anno, ci accorgiamo che il BDI avrebbe seguito sostanzialmente quello del pil globale, ovvero rispecchiando una certa ripresa nel primo semestre, così come un rallentamento dalla tarda estate, in coincidenza con le tensioni finanziarie di agosto. Raffrontando i dati degli ultimi 30 anni, notiamo subito che alla metà di novembre, mai si era registrato un livello così basso per il BDI. Per trovare valori simili, dobbiamo tornare indietro al 2008, guarda caso a poche settimane dal crac di Lehman Brothers, così come a 3 anni fa, quando l’America zoppicava e l’Eurozona era in contrazione. Il massimo si ebbe nel novembre del 2007, ultimo anno prima dello scoppio della crisi finanziaria globale, quando il pil delle economie avanzate aveva raggiunto il suo massimo storico. A conferma che il BDI sia il riflesso di un rallentamento globale, non possiamo non citare un altro indicatore importante per valutare lo stato di salute dell’economia del pianeta: il commercio mondiale. L’OCSE stima per quest’anno una sua crescita del 2%, un ritmo che il capo-economista Catherine Mann definisce “associato alla recessione globale”. Negli ultimi 50 anni, infatti, solo in 5 occasioni si sono avuti tassi simili o inferiori, ovvero nel 1974, 1975, 1980, 1982, 2009, ovvero tutti anni, in cui l’economia del pianeta è stata in recessione o vicino a una crescita nulla.        

Economia mondiale verso la recessione?

Giù crescita commercio mondialeStoricamente, il tasso di crescita del commercio mondiale è stato doppio di quello dell’economia, mentre negli ultimi anni tende ad essere la metà, segnalando un rallentamento degli interscambi, forse anche frutto di una certa tendenza dei grandi paesi a chiudersi per cercare di rilanciare la produzione interna.

Dunque, commercio mondiale meno vivace e BDI in caduta libera offrono spunti interessanti per quanti vogliano lanciarsi nelle previsioni sull’andamento dell’economia mondiale nei prossimi trimestri. C’è poco da stare tranquilli, se non sarà recessione, di certo stiamo entrando in una fase di evidente rallentamento globale.