L’Italia non accetterà di effettuare i pagamenti del gas in rubli a favore della Russia. Anzi, sì. In settimana, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, aveva usato parole di totale chiusura nei confronti della richiesta di Mosca, ma era stato smentito solamente pochi minuti dopo da una notizia inizialmente battuta dal quotidiano Russia Today e confermato poco dopo da Bloomberg: ENI starebbe aprendo un conto in rubli presso Gazprombank.

Come avviene il pagamento del gas in rubli

A marzo, il presidente russo Vladimir Putin aveva annunciato che avrebbe preteso il pagamento del gas in rubli dall’Europa.

Per circa un mese, le cancelliere del Vecchio Continente avevano pensato che si trattasse di un bluff. Lo aveva fatto supporre anche lo stratagemma studiato e messo in atto da Gazprombank, la banca del colosso energetico russo.

Da settimane, essa consente ai clienti di effettuare pagamenti in euro o dollari con un conto e con un altro conto intestato agli stessi, li converte in rubli. In questo modo, le autorità russe trovano conferma dell’osservanza del decreto presidenziale. Ma, appunto, serve che i clienti aprano anche un conto in rubli, sebbene continuino a pagare formalmente nelle proprie valute, come da contratto.

I rischi di uno stop alle forniture di gas

Le speranze sono state duramente colpite mercoledì, quando la Russia ha interrotto le forniture di gas a Polonia e Bulgaria con un preavviso di poche ore. La loro colpa? Avere ufficialmente risposto picche alla richiesta di pagare il gas in rubli. La Commissione europea ha prontamente reagito, definendo “ricatto” quello di Mosca all’Europa. Ed è proprio così. Non esisterebbe alcuna ragione economica specifica per pretendere i pagamenti in rubli, anziché in euro o dollari. Putin vuole semplicemente costringere i paesi europei a contravvenire alle loro stesse sanzioni, ad umiliarsi pubblicamente.

Giovedì, il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha dichiarato che con l’eventuale interruzione delle forniture di gas, l’economia italiana andrebbe in “moderata recessione” per un paio di anni.

Servirebbe il sostegno del governo tramite la politica di bilancio, ha spiegato, per offrire sollievo al PIL. In altre parole, senza gas russo siamo fritti. Almeno per il medio periodo, il tempo di trovare fornitori e fonti energetiche alternativi. La stessa Germania paventa una recessione economica non marginale nel caso di embargo energetico totale.

Il gioco al massacro di Putin

Ora, vero è anche che Putin non può permettersi di fare a meno dell’Europa, il suo principale cliente. Anche la Russia specularmente ha bisogno di tempo per trovare clienti alternativi. Cina e India, le due grandi nazioni asiatiche, non sarebbero in grado nel breve di rimpiazzare il nostro continente, sempre ammesso che lo vogliano. Messo alle corde sul piano militare e dell’apparato sanzionatorio, il Cremlino potrebbe tagliare almeno parzialmente le forniture all’Europa per metterle paura. Egli sa che nessun governo vuole la recessione dopo due lunghi anni di pandemia.

Senza gas in rubli, lo stop alle forniture provocherebbe un mix di inflazione a due cifre e recessione profonda. I governi reagirebbero allargando ulteriormente i cordoni della borsa, cioè facendo esplodere i già altissimi debiti pubblici. Il peggio del peggio. Scoppierebbero rivolte. E se è vero che la Russia non può privarsi di 850 milioni di euro al giorno per le sue esportazioni energetiche verso l’Europa, d’altra parte può trovare conveniente giocare sul trade-off offerta/quotazioni. Ridurre la prima per fare salire le seconde avrebbe come conseguenza di lasciare gli incassi invariati o eventualmente di ridurli marginalmente. Il gioco varrebbe la candela in uno scenario bellico, dove non è solo importante vincere, quanto provocare più danni possibili al nemico.

La reazione americana

Ecco perché i governi europei acconsentiranno con ogni probabilità ai pagamenti del gas in rubli da parte delle rispettive compagnie distributrici nazionali. Trincerandosi dietro ai tecnicismi, fingeranno di non piegarsi al ricatto putiniano. Guà una decina di soggetti avrebbero aperto conti in valuta russa presso Gazprombank e quattro avrebbero persino già iniziato a utilizzarli.

L’America di Joe Biden non impedirà tale soluzione, perché teme gli effetti del boom delle quotazioni di petrolio e gas sulle elezioni di metà mandato nel novembre prossimo. Impopolarissimo in patria, il presidente americano rischia di perdere il controllo dei due rami del Congresso e di trascorrere il secondo biennio alla Casa Bianca da “anatra zoppa”. Rinvierebbe la resa dei conti definitiva con Putin sull’energia per fine anno. Nel frattempo, continuerebbe a sostenere militarmente l’Ucraina per massimizzare la pressione su Mosca.

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