Come spesso capita, quando gli istituti di statistica pubblicano i dati macro, appartengono già al passato. Ed è questo il caso, seppure indicativo del peggio che verrà. L’ISTAT in settimana ha confermato che l’economia italiana ha debuttato nel 2022 malamente. I prezzi alla produzione sono esplosi del 32,9% su base annua e del 9,7% su dicembre nel mese di gennaio. Anche al netto della componente energetica, i rialzi sono stati rispettivamente del 10,6% e dell’1,8%.

Invece, la produzione industriale si è contratta del 3,4% su dicembre, stando al dato destagionalizzato.

Su base annua, il calo è stato del 2,6%. Nella media del trimestre novembre-gennaio, si è registrato un calo dello 0,5% rispetto al trimestre precedente. Ma, dicevamo, questa è storia. Perché gennaio è stato il mese precedente allo scoppio della guerra in Ucraina, uno spartiacque negativo per le economie dell’Eurozona. Tant’è che Goldman Sachs adesso arriva ad ipotizzare nello scenario peggiore una crescita del PIL nell’area di appena l’1,4% quest’anno, a fronte di un tasso d’inflazione fino al 7,7% di luglio.

Le materie prime stanno letteralmente esplodendo. Il petrolio è arrivato a 130 dollari al barile, il gas fino a oltre 350 euro per megawatt-ora, il nichel ha sfondato la soglia dei 100.000 dollari a tonnellata. E potremmo proseguire ancora. Brutto, molto brutto il dato sulla farina: prezzo oltre i 400 dollari a tonnellata, pari a un rincaro annuale superiore al 70%. Qui, parliamo del pane, dei biscotti, dei dolci, insomma dell’essenziale. E anche in questo caso, la guerra in Ucraina assume un ruolo determinante. Tra Mosca e Kiev, balla quasi un quarto della produzione mondiale di grano. L’Italia importa dall’Ucraina il 5% del suo grano e il 20% del mais.

Pane a tavola tra rincari e carenza

Il governo russo ha prospettato restrizioni alle esportazioni di grano e ai fertilizzanti utilizzati in agricoltura. Da parte sua, gli ucraini non stanno più coltivando i campi e non potranno provvedere ai raccolti, essendo le donne e i bambini sfollati e gli uomini precettati in guerra dai 18 ai 60 anni.

Inoltre, sui campi vengono sganciate bombe russe, per cui c’è paura anche di avvicinarvisi. Tutto questo sta portando non solo a un calo delle esportazioni, ma anche delle coltivazioni nei campi di Nord America ed Europa. Senza fertilizzanti, sotto embargo in Bielorussia (uno dei principali produttori al mondo) tra l’altro, la resa dei raccolti crolla e con essa la produzione di generi alimentari.

Il dato di gennaio prelude a un febbraio e marzo ancora peggiori. E non soltanto sul fronte della produzione. L’inflazione in Italia è salita sopra il 6% il mese scorso, a fronte di un aumento dei prezzi alla produzione di un terzo il mese prima ancora. Sappiamo che i maggiori costi delle imprese tendono a trasferirsi su beni di consumo e servizi finali con il passare del tempo, pur non sempre totalmente. Ma risulta difficile immaginare che le imprese italiane possano assorbire una lievitazione dei prezzi del 33% senza aumentare i listini a doppia cifra. Stiamo correndo, cioè, verso un’inflazione a doppia cifra, che arriverà in maniera percettibile attraverso il caro bollette già a marzo.

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