A marzo, l’inflazione in Italia su base annua si è quasi azzerata, scendendo allo 0,1%. Prezzi quasi fermi, dunque, ma non per tutti i beni. Chiunque abbia fatto la spesa in queste settimane di “lockdown” ha potuto notare un balzo nei prezzi di frutta e verdura, in particolare. E la stessa Istat ne dà conferma, segnalando come la frutta sia costata mediamente il 3,7% in più rispetto allo stesso mese dello scorso anno, con punte del +4% per mele e del +4,1% per le patate.

Non parliamo di aumenti stratosferici, ma rapportati all’inflazione generale, siamo pur sempre dinnanzi a un rapporto di 40:1. E trattandosi di beni primari, la cosa non ha fatto piacere alle famiglie.

L’inflazione in Italia si è azzerata, ma sarà dopo Pasqua che vedremo i prezzi reali

Che cosa sta succedendo di preciso? I prezzi sono sempre frutto della legge della domanda e dell’offerta. Se salgono, significa che o aumenta l’una o scende l’altra o accadono un po’ entrambe le cose. E così sembra. Le aziende agricole stanno risentendo della chiusura delle attività, non avendo a disposizione quella manodopera di 200.000 lavoratori stagionali, a cui in questo periodo attingono per i raccolti nei campi. Nello stesso tempo, ristoranti ed esportazioni sono canali di vendita fuori gioco, mentre s’impennano gli acquisti ai supermercati, con un +14% registrato per la frutta e un +24% per gli ortaggi.

L’aumento della domanda delle famiglie non starebbe compensando del tutto i cali degli altri canali, per cui dovremmo assistere a un calo dei prezzi (domanda in discesa). Evidentemente, però, nemmeno l’offerta starebbe tenendo botta, per cui il mercato si è riposizionato su quantità complessivamente inferiori e prezzi superiori. Questo fenomeno è acuito proprio dal lockdown. Il boom degli acquisti di frutta e verdura delle famiglie altro non è che la conseguenza della concentrazione dei consumi sugli unici beni attualmente acquistabili, farmaci a parte, cioè gli alimentari.

Rincari dei prezzi duraturi?

Non potendo comprare quasi null’altro e dovendo restare chiusi a casa, gli italiani comprano più generi alimentari e i supermercati ne approfittano per alzare i prezzi. Non è speculazione nel senso classico del termine, ma semplicemente così funziona il mercato. E più dura il lockdown, maggiori i rischi di surriscaldamento dei prezzi per i beni primari, specie se alle famiglie affluisse la montagna di liquidità erogata dal governo in forma di sostegni monetari e di buoni spesa, prima ancora che le attività produttive tornino a produrre a pieno regime e che la libertà di movimento venga ripristinata in pieno.

E’ un rischio di cui avevamo avvertito e che perdurerebbe fino al completo ritorno alla normalità, che non si prevede immediato. Non pensiamo che il fenomeno sarà stabile, perché la crisi morderà e i redditi disponibili mediamente diminuiranno nel settore privato, per cui i rialzi dei prezzi di alcuni beni saranno probabilmente (più che) compensati dai cali di altri. Ad ogni modo, quanto sta accadendo mette in evidenza che “stampare o immettere moneta sul mercato” senza che vi sia una crescita altrettanto elevata della produzione di beni e servizi comporta il materializzarsi dell’inflazione. E si tratta sempre di una tassa odiosa e occulta, che va a discapito perlopiù dei redditi fissi.

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